La storia dei Saharawi è segnata da continue lotte per il riconoscimento del territorio.
Fin dal 1884, quando viene fondata la prima colonia spagnola in questa regione, i Saharawi dovranno lottare per la libertà. Nasce in questo periodo il movimento anticoloniale Saharawi per contrastare il disegno imperialistico di Parigi e Madrid (che nel 1913 assalgono importanti centri culturali, economici e politici di questo popolo).
Nel 1970 si manifesta il “movimento di liberazione” e tre anni dopo il “Fronte Polisario” con obiettivi di lotta contro il nemico e con l’uso delle armi. La Spagna si ritira dal Sahara Occidentale nel 1975, dopo la morte del generale Franco ed i conseguenti disagi interni, consegnando il territorio a Marocco e Mauritania. I Saharawi sono costretti all’esodo oltre confine, sotto i bombardamenti con Napalm dell’aviazione marocchina! Il Fronte Polisario, nel 1976, proclama la R.A.S.D. per colmare il vuoto istituzionale; il grande impegno porterà la sconfitta della Mauritania che nel 1979 finna la pace.
Il re marocchino Hassan II adotta la strategia dei “muri di sabbia”: questi muri si snodano per 2800 Km dal sud del Marocco fino alla costa atlantica al confine con la Mauritania; i muri sono preceduti da mine, molte delle quali di fabbricazione italiana. La R.A.S.D. inizia a tessere una serie di rapporti internazionali, che porteranno al riconoscimento di questo stato da parte di 76 paesi (la maggior parte dei quali africani, asiatici o dell’America latina). Una delle 49 risoluzioni O.N.U. fissa per il 1991 il cessate il fuoco e per il 1992 il referendum per l’autodeterminazione, poi boicottato dai marocchini attraverso l’installazione di coloni, la deportazione di Saharawi e la falsificazione delle liste elettorali.
La particolarità dei Saharawi è la loro avanzata organizzazione politico-amministrativa; vengono per questo definiti rifugiati all’interno di uno stato. Il loro senso comunitario è estremo e preparano uno stato efficiente nell’attesa del ritorno nel loro territorio d’origine (ricco di fosfati, di terre fertili e di un mare pescosissimo sfruttato dagli europei).
Da circa trent’anni questo popolo aspetta pacificamente che l’O.N.U. faccia rispettare il diritto più importante sancito dalla Carta Costituzionale: la libertà dei popoli. Ritengo sia nostro dovere sostenere la causa Saharawi, perché rappresentano la prima linea di una lotta per la libertà che dobbiamo inevitabilmente sentire nostra; è squallido come la civiltà e l’intelligenza di un popolo vengano dimenticati con tanta leggerezza.

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