Racconto

Ancora un giorno e anche quell’anno scolastico sarebbe finito, purtroppo per Valentino, felicemente per tutti gli altri alunni. Si, perché lui oltre quel collegio non aveva una casa dove andare e nemmeno una famiglia che potesse portarlo in vacanza a conoscere posti nuovi come tutti gli altri.
Era solo un ragazzetto dodicenne triste e malaticcio, imbevuto ancora di quel poco di infantilismo che pervade sottilmente il cuore dei ‘ragazzi grandi’ e che li porta poi a commuoversi senza nemmeno rendersene conto.
Sembrava che i muri del paese e le strade mormorassero quel giorno in coro: ‘Che farai, Valentino, dove andrai?’ Ma lui, quasi piegato in due dal logoro zaino che portava in spalla, non se ne curava affatto allontanandosi a grandi passi dal posto che l’aveva caritatevolmente accolto sin da bambino. Girò l’angolo e, sedutosi su un cippo, ancora febbricitante, si mise a pensare o meglio a farneticare: era solo, l’essere più solo della terra, o almeno così credeva, e non aveva nessuno che si curasse di lui e del suo destino.
In un attimo, ritornò con il pensiero ai momenti belli della sua breve vita, i pochi amici, quell’insegnante così dolce e paziente e l’affetto provato per lei ….. poi, più nulla, solo un sonno profondo e la sensazione di scivolare giù, giù, sempre più giù vedendosi felice e diverso, in un altro corpo e in un nuovo mondo. Era la fine, Valentino lo sapeva, ed era pronto ad affrontarla da ragazzo coraggioso qual era, anche perché sicuramente nessuno avrebbe pianto per lui.
All’improvviso si sentì scuotere fortemente e una voce perentoria lo invitò ad alzarsi e a seguirla. Era forse Dio?
No, era invece solo la direttrice del collegio che, accortasi in breve della sua assenza e sapendolo solo e malato era uscita in fretta a cercarlo per strada per poi riportarlo ‘dentro’, nell’unica casa che poteva ancora ospitarlo senza problemi.
Anche per quell’estate l’infelice Valentino avrebbe continuato a lavorare lì.

Maddalena De Leo

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