Ancora una volta una giovane donna uccisa per un rapporto malato. Non amore, ma egoismo, possesso, perfidia, spietatezza.
L’amore non c’entra. Troppo spesso usiamo parole inappropriate per descrivere i feroci atti di violenza contro le donne. La ragazza bruciata viva, Sara, era una persona con una sua esistenza fatta di impegno, sacrifici, studi, affetti. Una donna con felici prospettive di vita futura, una ragazza. Non una “femmina”, o una “preda”, o un oggetto di proprietà, come sicuramente la considerava il suo ex fidanzato. Smettiamo di chiamare questi atroci delitti “femminicidi”. Smettiamola di innescare impulsi ferini tra persone che dovrebbero considerarsi uomini e donne, non maschi e femmine, privi della dignità dell’appartenenza alla specie umana.
Il termine “femminicidio” -che non ho mai apprezzato- deriva dalle manifestazioni delle donne contro la violenza alle donne negli ultimi decenni, ed a partire dal 2010 si è diffuso attraverso i mass media. Non piace a molte delle donne, femministe, che conosco, eppure si continua a reiterare l’errore di identificare l’assassinio di una “persona” alla stregua dell’azione rivolta a colpire “la femmina”, mettendo il primo piano l’elemento “corpo”, e dimenticando l’insieme irripetibile, unico, di un’esistenza umana.
Vieterei per legge la parola femminicidio.
Sara Di Pietrantonio, 22 anni, era ancora viva quando ben due persone sono passate vicino al luogo, in zona Magliana, dove si trovava intrisa di alcool. Nessuno dei due l’ha aiutata, né ha mosso un dito per telefonare ai soccorsi. E’ barbarie anche questo modo di guardare dall’altra parte. E’ inciviltà, vigliaccheria, cinismo. Esiste il reato di omissione di soccorso, spero che i due ricevano la condanna prevista per legge. Quanto allo pseudo fidanzato, c’è poco da dire. Che paghi senza sconti. (w.m.)
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