di Cristiana Bullita
Kant scrive, nel 1785, a 61 anni:
“Tutti gli imperativi sono espressi da un dover essere e denotano il rapporto di nuna legge oggettiva della ragione con una volontà che, per la sua costituzione soggettiva, è determinata da essa non in modo necessario (con una costrizione).
Essi dicono che sarebbe bene fare o non fare qualcosa; ma lo dicono a una volontà che non sempre fa le cose che le sono presentate come tali da doversi fare perché buone”.
(Fondazione della metafisica dei costumi)
Ecco espressa in modo magistrale la drammaticità della condizione umana: l’uomo può adempiere alla legge morale, oggettiva e razionale, ma la sua volontà non è necessariamente determinata da questa legge. Noi restiamo sospesi tra l’essere e il dover essere: da un lato c’è il richiamo fermo e categorico del dovere e della ragione; dall’altro una volontà libera ma prepotentemente strattonata dal desiderio, dal piacere, dagli istinti, da vari interessi, dalla ricerca della felicità. Tra il mondo dell’essere (Sein) – ossia dei fatti, di ciò che è così com’è – e il mondo del dover essere (Sollen) – ossia di ciò che è richiesto dalla legge morale – si apre un abisso in cui sprofonda l’uomo nella sua dimensione individuale e sociale.
La vergogna è un sentimento tipicamente umano. Gli animali provano gioia, tristezza, paura proprio come noi, ma la vergogna no. Se il mio cane faceva qualcosa che gli era vietato, abbassava le orecchie e metteva la coda tra le gambe, ma non era vergogna, bensì l’attesa angosciata della punizione che sarebbe venuta, insieme a una disperata richiesta di clemenza. Invece gli uomini si vergognano, per il sofferto scarto tra l’essere e il dover essere, appunto. Ma la vergogna non è un sentimento alla portata di tutti. Caino si vergognò dopo aver ucciso Abele perché, nonostante fosse divenuto un assassino, non aveva ancora smarrito dentro di sé la legge morale e sapeva di averla infranta. Invece oggi molti uomini di potere – non mi si tacci di antipolitica! – non sanno più provare vergogna per i loro misfatti, perché da tempo hanno sostituito al codice interiore e alle leggi positive del diritto un proprio inattaccabile imperativo categorico: fai ciò che ti conviene!
Chissà se hanno mai letto Kant, se lo hanno mai capito davvero. Voglio evitare ogni rischio d’intellettualismo etico, ma mi auguro che, tra un festino e l’altro, tra una ruberia e l’altra, questi potenti siano colti un giorno una sana vampata di Sollen…
Cristiana Bullita
cristianabullita@virgilio.it
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