sha - SHAKESPEARE, 
 L'UOMO DI TEATRO CHE LIBERO' LE DONNE

di Eleonora Belligni
In due conferenze tenute a Cambridge nel 1928, pubblicate l’anno dopo in Una stanza tutta per sé , Virginia Woolf sorprese il suo pubblico di studentesse con un’affermazione rivoluzionaria. Se il genio di Shakespeare fosse sbocciato anche in sua sorella Judith, nessuno avrebbe potuto evitarle un destino tanto tragico quanto quello di alcuni dei personaggi femminili nati dalla penna del fortunato fratello. Costretta a reprimere il proprio talento, a sposarsi, a gestire gravidanze sgradite; infine condotta al suicidio: ecco la storia mai vissuta di Judith Shakespeare. Woolf non stava esagerando. Tra Cinque e Seicento, le donne ingegnose non avevano la libertà di esprimere doti intellettuali o vocazioni, a meno che un altissimo status, un marito inetto o compiacente, una cella conventuale separata dal mondo o altre rare circostanze favorevoli non facessero da scudo all’arte o al talento.

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