di Maria Antonietta Pirrigheddu
Siamo abituati a vedere nella croce unicamente l’emblema del cristianesimo: così ci è stato insegnato, e questo ci basta.
Ma la croce è un simbolo universale e antichissimo, in uso fin dalle origini dell’umanità. I primi cristiani lo derivarono dalle tradizioni essene e non, come erroneamente si crede, dal patibolo su cui morì Gesù Cristo. I suoi significati sono molteplici e profondi e riguardano l’uomo in generale, non solo le credenze religiose e tanto meno una singola religione.
Per i Sumeri – e per i popoli sconosciuti che li precedettero – era il “segno dell’attraversamento”:
rappresentava quel Decimo Pianeta che, stando a quanto riportato nelle loro Scritture, incrociava l’orbita della Terra ogni 3600 anni. Da questo pianeta sarebbero venuti in epoca remota i primi civilizzatori, coloro che portarono all’umanità ogni forma di conoscenza.
Questo glifo significava anche “divino” o “dio”, ed era un simbolo supremo per tutte le popolazioni antiche, compresi gli Egizi. Divenne successivamente l’ultima lettera dell’alfabeto nelle lingue semitiche, la Tau, detta appunto “il segno”.
Millenni dopo la Tau fu adottata da san Francesco d’Assisi, per il quale era simbolo d’umiltà (in quanto ultima) ma anche di completezza e perfezione spirituale.
I quattro bracci della croce rappresentano in primo luogo i quattro elementi: Fuoco, Aria, Acqua, Terra. Naturalmente non stiamo parlando a livello fisico: i quattro elementi sono essi stessi dei simboli. Il Fuoco non è la fiamma, né l’Aria è ciò che respiriamo.
Terra, Acqua, Aria e Fuoco sono tra l’altro i componenti dell’essere umano: la Terra è il corpo, l’Acqua è il cuore (sentimenti ed emozioni, ovvero il corpo astrale), l’Aria è la mente, il Fuoco è il suo spirito (il Sé superiore, la scintilla divina in lui).
Quando si dice che Gesù Cristo “prese su di sé la croce”, si intende soprattutto la croce della materia: ossia si incarnò, entrando nel piano degli elementi materiali e sottoponendosi alle sue dure leggi. E per noi esseri umani portare la croce non vuol dire, come spesso si crede, rassegnarsi alle disgrazie che ci cascano sulla testa. Significa invece vivere intensamente e nel modo corretto questi elementi in noi. Significa portarli all’unificazione, evitando di vivere solo col corpo o dominati dalla mente o trasportati dai desideri e sentimenti del cuore. In questo sta il segreto della redenzione: nell’unità e collaborazione dei nostri personali quattro elementi.
Su un piano più elevato, essi sono anche simbolo dei quattro aspetti di Dio: il Fuoco è il Padre, l’Acqua è la Madre (la dimenticata Madre!), l’Aria è lo Spirito (l’amore che li unisce), la Terra è il Figlio (ovvero il frutto del loro amore e di ogni amore).
Non si possono approfondire tutti insieme gli innumerevoli significati della croce, perché si rischia di non dare il giusto valore ad ogni singola interpretazione. Ad un livello pratico vale la pena soffermarsi sul fatto che le quattro braccia rappresentano anche le quattro direzioni. In questo senso, la croce è il libero arbitrio.
Ciascuno di noi possiede la facoltà di scegliere se salire, scendere, deviare a destra o a sinistra; oppure rimanere al centro, dove si interseca ogni direzione. La croce rappresenta tutte le possibilità di sviluppo. Se l’uomo decide di salire, viene aiutato. Se preferisce scendere, con tutto quel che comporta, non può essergli impedito: gli si può consigliare di non farlo, ma non è possibile obbligarlo ad una scelta diversa.
Il centro della croce, però, non rappresenta l’immobilismo: al centro sta l’occhio del discernimento, ciò che valuta la strada giusta da prendere in ogni circostanza. C’è chi è capace di sostarvi un po’ per riflettere, prima di decidere e agire; e chi invece si butta giù per il pendio senza pensarci due volte.
Maria Antonietta Pirrigheddu
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