di Antonia Chimenti

Un dinamico parroco di origine friulana, Father Mosè Gasparini, ci aveva avvertiti: “State attenti. Le vostre concorrenti più perniciose sono le “soap operas””.
I serial televisivi sono la compagnia fedele di tante serate solitarie. Non richiedono grande sforzo di comprensione. E’ sufficiente seguire vicende fantastiche, i cui protagonisti sono belli, ricchi, famosi e… tanto tristi. E la gente non si addormenta. Segue trepidamente le loro avventure.
Testardamente il prof. Vito Di Trani ed io abbiamo voluto verificare il contrario e, col supporto di Father Mosè Gasparini, ci siamo presentati ad un gruppo di fedeli della parrocchia di Saint-Fidelis (ironia della sorte!) per proporre qualcosa di diverso: la lettura, il commento, la discussione sul “Cantico delle creature” di Frate Francesco.
Come ben si sa, è la prima poesia “ecologica” e, per giunta, in lingua italiana.
E’ l’esaltazione della vita dell’uomo dalla nascita alla morte; è lo sguardo incantato di un “puro” sullo spettacolo prodigioso che la natura ci offre!
E’ scritto nell’italiano del Medioevo, ma pur sempre di italiano si tratta!
Albert-Marie Shmidt, uno studioso di poesia religiosa internazionale, ne ha parlato in termini entusiastici, definendolo “poema del creato”.
Lo riproponiamo ancora, come quel giorno, nel nostro piano pedagogico-didattico di educazione all’Italianità, in antitesi ad un mondo opaco, insipido ed artificiale, per trarne ed offrirne motivo di operatività in termini di nitore e di chiarezza.

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