Abbiamo preso in esame i sei più importanti riconoscimenti italiani. Per capire che le opere femminili sono state molto meno votate. Prevaricazione, come dice Spagnol?
Luigi Cruciani
Il 16 novembre è stato assegnato il National Book Award, uno dei premi letterari più prestigiosi al mondo, anche se dedicato esclusivamente alla letteratura americana. A ricevere l’ambito riconoscimento per la sezione Fiction, già guadagnato da Faulkner e Bellow, è stato Colson Whitehead, uno scrittore nero come altri due premiati. Un’edizione, considerando anche i temi affrontati dai libri insigniti, focalizzata sulla discriminazione razziale negli Usa. Ma tra i vincitori del National Book Award non c’era neanche una donna. E a qualcuno questa è sembrata un altro tipo di discriminazione. Lisa Lucas, executive director della National Book Foundation, ha commentato su Twitter: Wow. 4 dudes! (quattro maschi!).
Già l’11 ottobre, dalle colonne del sito Il Libraio, l’editore Luigi Spagnol si era fatto interprete d’eccezione per quanto riguarda la questione del maschilismo letterario: Spagnol si è chiesto perché gli esseri umani abbiano deciso di impoverire il proprio orizzonte culturale tenendo in minor considerazione le opere letterarie create da donne; una riflessione preceduta dall’analisi dei registri dei principali premi letterari internazionali. L’intervento ha generato un intenso dibattito, che ancora oggi prosegue e a cui hanno preso parte anche Michela Murgia e Bianca Pitzorno. Se è vero che uno sguardo agli albi d’oro dei concorsi letterari permette di illuminare da un particolare punto di vista (la valutazione qualitativa di un’opera) la questione del gender gap letterario, quanto misura effettivamente questo divario di genere in Italia?
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