(Info inviateci da Caterina Di Francesco)

1. L’economista Marco Ponti, ricordando che la linea storica Torino-Lione è ben lontana dalla paventata saturazione, afferma che una linea ad alta capacità è fortemente antieconomica, in quanto i costi di realizzazione e di gestione sono elevatissimi e non esiste un’adeguata domanda di trasporto ferroviario. D’altra parte, il problema del rapporto costi-benefici era già chiaramente emerso nell’audit francese del 2003, che giudicava il progetto di una nuova linea non prioritario per la Francia; mentre in Italia l’idea originaria di finanziare l’opera attraverso un capitale misto pubblico-privato è presto naufragata per la mancata disponibilità dei privati.

2. I costi reali della TAV, per le tratte sinora realizzate, hanno superato del 314% quelli previsti[1]: i 18.400 miliardi di lire previsti nel 1991, nel 2002 erano divenuti 76.200. I circa 6 miliardi di euro previsti per la Torino-Lione non erano allora inclusi, tuttavia, considerando le caratteristiche geologiche del territorio, è difficile presagire un’inversione di tendenza. Un discorso analogo vale per le stime di durata dei lavori, sempre di gran lunga superiori alle previsioni. Non senza motivo ancora Marco Ponti ci invita a una riflessione: quanto è lecito che sia differita la disponibilità di un’infrastruttura per continuare a definirla strategica[2]?

3. Uno studio dell’Università di Siena, svolto dal dottor Mirko Federici[3], afferma che, sommando l’energia, i materiali spesi e l’inquinamento prodotto per la costruzione della tratta Torino-Lione, e ancora l’energia necessaria per la sua manutenzione futura, gli eventuali benefici ricavabili da un ancora ipotetico spostamento di merci “da gomma a ferro” sarebbero nulli anche sul lungo periodo. Tenendo conto che la ventilazione e il raffreddamento dell’autostrada ferroviaria richiedono l’installazione di un impianto a 20 Megawatt, ne risulta chiara l’assoluta inefficienza energetica (un treno merci ordinario, secondo la perizia De Palacio[4], trasporta in un anno 165.000 tonnellate nette, uno di autostrada ferroviaria 75.000: quindi meno della metà, che vuol dire che dal punto di vista energetico è meno efficiente di un attuale trasporto su gomma).

4. Tutte le suggestive parole sulla tutela dell’ambiente sono poco credibili, soprattutto quando allo stesso tempo non risultano esserci politiche che favoriscano il trasporto merci sulla rotaia ordinaria: i treni merci che vi transitano non sono né molti né pieni. Nel periodo 1997-2004, antecedente ai lavori all’interno della galleria del Frejus, il traffico di merci sulla linea storica è calato del 32%[5]. Nel contempo il numero di autotreni che transitano nel tunnel del Monte Bianco e del Frejus dal 1994 ad oggi non solo non è aumentato ma è calato del 15%. L’andamento del traffico merci complessivo tra Francia e Italia nei valichi alpini del Moncenisio, del Frejus e del Monte Bianco è calato da 34 a 31 Mt[6].

5. Se a questo aggiungiamo che l’appalto per il tunnel di Venaus è stato dato alla cooperativa CMC, già nota per i disastri ambientali irreparabili causati al Mugello a causa dell’irresponsabile gestione dei cantieri e degli inerti – il Mugello è peraltro noto per il numero impressionante di fonti prosciugate a causa della TAV, con paesi interi che hanno perso l’acqua – tutto questo diventa particolarmente inquietante. Anche perché gli stessi progetti attuali evidenziano chiaramente il medesimo rischio per questa zona[7], lungo l’intero versante. La perizia De Palacio ha stimato che il tunnel di base sottrarrà ogni anno 125 milioni di metri cubi di acqua, dato che collima con i 6.000 metri cubi di acqua al giorno che vengono oggi estratti dal chilometro e mezzo della discenderia di Modane.

6. La perizia De Palacio stima che l’autostrada ferroviaria sottrarrebbe un 12-13% del traffico attuale; ma, dalle prove fatte con la AFA, si constata che la metà di questi saranno semirimorchi che viaggiavano in ferrovia già da prima.
Studi precedenti[8] attestavano una percentuale di gran lunga inferiore.
Anche ammesse le più allettanti e adeguate politiche di incentivazione (peraltro poco credibili, vista l’attuale tendenza appena vista: le lobby legate al trasporto su gomma un minimo peso risultano averlo. Ma a questo punto, quanto ci costeranno i trasporti?), di quanto potrà crescere questa stima affinché lo spostamento delle merci “da gomma a ferro” sia in una quantità realmente significativa, coerente con la propaganda (perlopiù priva di stime) che viene fatta?

7. In questo contesto si inserisce anche la questione della “seconda canna” del Frejus: una canna che si vorrebbe larga quasi come il Tunnel del Monte Bianco, ma che, ci viene giurato, sarebbe solo un tunnel di sicurezza. Resta il dubbio che anche chi oggi giura, sia perfettamente consapevole che il suo giuramento non vale per i governi di domani. Tale larghezza lascia presagire una certa lungimiranza. L’attuale calo dei trasporti via Frejus, evidentemente, non è accolto da tutti come una benedizione, ed è piuttosto chiaro che, in ogni caso, una seconda canna attirerebbe un maggior numero di TIR. E di contingentamenti, si sa, da queste parti si parla meno volentieri che in Valle d’Aosta. L’inquinamento prodotto dai cantieri, la nuova, enorme quantità di smarino da smaltire, l’impatto ambientale, la nuova, ingente spesa pubblica, sembrano ancora una volta fattori secondari, per questo straordinario “partito del sì”.

8. Sull’alta velocità c’è una lunga storia di corruzione bipartisan, ben documentata dal giudice Imposimato[9], dall’ing. Cicconi[10], dai giornalisti Barbacetto[11] della rivista “Diario” e Giordano di Repubblica[12]. È inoltre singolare la modalità di pagamento “a babbo morto”: dei soldi che vengono investiti oggi sulla TAV e sulle grandi opere risponderanno, a opere completate, i prossimi governi e le prossime generazioni. Se gli utili di gestione saranno sufficienti a coprire il capitale stanziato e gli interessi accumulati, non ci saranno problemi; ma è già chiaro che tali utili non saranno neppure sufficienti a coprire le spese di gestione. Si pagherà a partire dal 2009, a rate iniziali stimabili in un paio di miliardi l’anno (cifra che lieviterà, pare, fino a triplicare nel giro di sei-sette anni) per una ventina d’anni. Oggi nessuno se ne accorge. Ma quando cominceremo a pagare (anche quello che è già stato fatto), non ci sarà da stare allegri, se è vero (com’è vero) che il debito pubblico dell’Italia ammonta a 1.507.556.000.000 di euro (di cui oltre due di debito estero)[13]. Pagheremo, ma difficilmente ci diranno che cosa stiamo pagando. Senza dimenticare che si tratta di un’opera la cui reale necessità nessuno è mai riuscito a dimostrare. Se quest’informazione non è corretta, vorremmo sapere quali sono le reali modalità di pagamento. Insomma: trasparenza.

9. Si sente spesso dire che la TAV/TAC, lungi dall’essere un’opera fine a sé stessa e ai suoi cantieri, rilancerà l’economia piemontese; ma al momento, non risulta esserci nessun piano di crescita economico, agricolo, commerciale sul territorio del Piemonte che garantisca benefici provenienti dalla TAV.
Se la TAV/TAC può avere un’utilità, oltre a quella strettamente privata di un numero relativamente esiguo di persone, questa è di portare un’occupazione discutibile (è sufficiente informarsi sulle condizioni lavorative di molti operai e minatori al Mugello[14]) e profitti settoriali sicuri. Viste le prospettive, la sola certezza resta questa: per cui le lobby e le organizzazioni sindacali legate al “cemento” la appoggiano con ogni forza.
Una crescita occupazionale assai più significativa potrebbe, per converso, avvenire impiegando i medesimi investimenti in altri settori, ben più indispensabili.

10. Viene talvolta detto che in Germania e in Francia l’A.V. funziona e nessuno si lamenta. Ma è sufficiente prendere una cartina e confrontare la conformazione geomorfologica della Francia – dove è peraltro significativa la distribuzione della popolazione sul territorio – e della Germania con quella dell’Italia, in particolare della Val di Susa, per capire che le condizioni sono un po’ diverse. La valle è larga un chilometro e mezzo, e le infrastrutture già presenti (due strade statali, un’autostrada, una linea ferroviaria ordinaria, un elettrodotto) sono già molte.

11. È noto da tempo che i punti critici per la realizzazione della Torino-Lione, dal punto di vista della salute, sono il massiccio dell’Ambin per la presenza di uranio (documentata almeno dagli studi dell’AGIP e della Minatome) e il Musiné per la presenza di amianto. Ora qualcuno, sfruttando gli esiti dei carotaggi del Seghino (che non c’entra niente con quelle zone), ha approfittato per far credere che i nostri erano allarmismi.
Anche in quelle zone, tuttavia, una presenza significativa di amianto è attestata da uno studio commissionato da LTF e pubblicato dalla Regione Piemonte[15], ed è situata immediatamente a est dell’area che ha riguardato il sondaggio, nella quale il medesimo studio già testimoniava l’assenza di rischio-amianto. Ora, ci risulta difficile credere che queste informazioni siano sfuggite a chi ha svolto i sondaggi, che in pratica sono stati svolti là dove, al momento dei rilevamenti, già si sapeva che non si sarebbe trovato nulla, e per di più con criteri scientifici la cui validità è tuttora oggetto di discussione. Questo non ci sembra un grande indice di correttezza (ancora più grave, se sussiste, è la connivenza dell’ARPA), anche se ormai dovremmo essere abituati a uno stile di questo tipo, se è vero che diversi sostenitori della linea hanno avuto per mesi il coraggio di dire che la galleria di servizio di Venaus, come gli altri sondaggi, sarebbe stata “volta a tutelare la salute dei valsusini”.

12. Infine, i lavori sugli altri valichi faranno ulteriormente scendere il traffico al Frejus, a maggior discapito di una presunta utilità di quest’opera.

FIRME:
Alessandro Grangetto – Bussoleno
Giorgio Perino – Bussoleno
Gianni Rapelli – Condove
Roberto Ronsil – Giaglione
Gisella Viero – Condove

del Comitato NoTav

NOTE:
[1] i dati sono tratti dall’Istituto di Servizi alle Imprese, QUASCO, Bologna.
2 M. PONTI, A. BOITANI, Il Brennero è molto più urgente, in Il sole 24 ore, 22 novembre 2005
3 M. FEDERICI, Analisi termodinamica integrata dei sistemi di trasporto in diversi livelli territoriali – Dottorato di ricerca in scienze chimiche a.a. 2000/01, Siena, 2001, in:
www.legambientevalsusa.it/documenti/ImpattiTAV_federici_siena.pdf
[4] COWI, Analyse des études faites par LTF sur le project Lyon-Turin (section international): final report
[5] Dati ricavati da: P. FOJETTA, L. RIVALTA, Qualche risposta sulla questione dell’ammodernamento della rete ferroviaria internazionale Torino-Lione (TAC-TAV), Torino, dicembre 2005, in:
www.regione.piemonte.it/torinolione/strumenti.htm
[6] ALPINFO, dati uff. governo svizzero, in:
www.are.admin.ch/are/de/verkehr/alpinfo/index.html
[7]COMMISSION INTERGOUVERNEMENTALE FRANCO-ITALIENNNE POUR LA NOUVELLE LIGNE FERROVIAIRE LYON-TURIN, Relazione del gruppo tecnico “Tunnels” sulla fattibilità di una nuova linea ferroviaria tra Francia e Italia, 2000, in:
www.legambientevalsusa.it.;
ITALFERR, Nodo urbano di Torino – potenziamento linea Torino- Bussoleno e cintura merci. Il rischio è confermato dal recente studio COWI.
[8] SETEC ECONOMIE, Previsione del traffico merci senza vincoli di capacità, Parigi, 2000; A. DEBERNARDI, G. DAHO’, La Valle di Susa nel contesto del traffico merci alpino: il progetto Alpetunnel e le sue prospettive, Milano, 2002
[9] F. IMPOSIMATO, G. PISAURO, S. PROVVISIONATO, Corruzione ad alta velocità, Roma, ed. Koiné, 1999.
[10] I. CICCONI, La storia del futuro di Tangentopoli, ed. DEI, Roma, 1998; I. CICCONI, Le grandi opere del Cavaliere, Roma, Koiné, 2004
[11] G. BARBACETTO, L’inchiesta vecchio stile, in Diario, 25 novembre 2005; e in Diario, 16 dicembre 2005
[12] A. GIORDANO, Che siate pro o contro l’alta velocità, forse volete sapere chi la paga, in Il Venerdì di Repubblica, 3 marzo 2005
[13] fonte: http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Debito-Pub/
[14] un ampio riferimento è riscontrabile in I. CICCONI, La storia del futuro di Tangentopoli, ed. DEI, Roma, 1998; I. CICCONI, Le grandi opere del Cavaliere, Roma, Koiné, 2004, pp. 41-segg.
[15] R. SACCHI et alii, Studi geologici in Val di Susa finalizzati ad un nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, Regione Piemonte – Museo Regionale di Scienze Naturali – Monografie XLI, 2004

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