Suora si dà fuoco, per la prima volta la protesta di una donna

Una suora tibetana si e’ data fuoco per protestare contro l’occupazione cinese del Tibet. Lo riferiscono fonti del governo tibetano in esilio in India. Tenzin Wangmo, di circa 20 anni, si e’ immolata nei pressi del suo monastero intorno alle 13 di ieri.

tibet - SUORA 
 TIBETANA SI DA' FUOCO

Secondo le prime informazioni, la Wangmo si e’ data fuoco a un incrocio vicino al suo monastero, il Mamae Dechen Choekhorling Nunnery, a circa 3 chilometri dalla contea di Ngaba (Aba per i cinesi), nella provincia sud occidentale del Sichuan. In un comunicato del monastero in esilio di Kirti (la cui sede principale a Ngaba e’ da mesi sotto assedio della polizia cinese e che e’ stato teatro della maggior parte delle otto precedenti immolazioni di tibetani), si dice che la donna, avviluppata nelle fiamme, per circa 8 minuti ha marciato per strada cantando e urlando slogan anticinesi e in favore del Tibet libero e del ritorno del Dalai Lama.
La donna e’ poi morta sul posto. Il suo corpo, nonostante il divieto degli agenti, e’ stato portato nel monastero, dove e’ stato vegliato dalle altre suore. E’ alta ora la tensione intorno al monastero femminile di Mamae, il piu’ grande monastero femminile della zona, con oltre 350 suore. Quella di Tenzin Wagmo e’ la nona immolazione, la prima di una suora, da marzo scorso. Solo ad ottobre, ci sono stati 5 episodi del genere. Per domani, il governo tibetano in esilio in India e il Dalai Lama hanno organizzato una veglia di preghiera e digiuno per i tibetani che si sono immolati.(18 Ottobre 2011)
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Cina, polizia spara su tibetani, suora si uccide dandosi fuoco

PECHINO (Reuters) – La polizia cinese ha aperto il fuoco e ferito due tibetani domenica scorsa durante una manifestazione di protesta in Cina, mentre una suora tibetana si è uccisa dandosi fuoco ieri, nell’ultimo di una serie di episodi simili negli ultimi mesi. Lo ha fatto sapere Free Tibet, un gruppo che sostiene l’indipendenza del Tibet.
I gesti di auto-immolazione e le proteste danno l’idea di come stia montando la rabbia nella prefettura di Aba, zona a prevalenza tibetana nella provincia sudoccidentale del Sichuan, centro nevralgico della protesta contro il governo centrale di Pechino.
I gruppi per i diritti umani sostengono che la rivolta possa portare ad una repressione ad Aba, dove la violenza è scoppiata nel marzo del 2008 quando monaci buddisti e altri tibetani fedeli al Dalai Lama, loro leader religioso esiliato, si sono scontrati con la polizia e con l’esercito.
Non si sa come stiano e dove si trovino i due contestatori feriti, Dawa e Druklo, ha fatto sapere il gruppo Free Tibet con sede a Londra.
Ieri una suora di 20 anni, Tenzin Wangmo, si è data fuoco fuori da un convento nella stessa regione, nel nono gesto di auto-immolazione quest’anno nelle zone tibetane della Cina, ha reso noto Free Tibet.
La donna ha invocato libertà religiosa per il Tibet e il ritorno del Dalai Lama mentre si dava fuoco, ha detto il gruppo.
La sua morte giunge a sette mesi di distanza dal gesto simile compiuto dal monaco tibetano Phuntsog, di 21 anni, che si diede fuoco fuori dal monastero Kirti. In seguito a quell’episodio, le forze di sicurezza hanno tenuto in detenzione circa 300 monaci per un mese.
Il portavoce del ministro degli Esteri Liu Weimin ha detto di non avere informazioni circa l’ultimo gesto di auto-immolazione.
“Riteniamo che promuovere e incoraggiare attentati contro la propria vita sia immorale”, ha detto Liu ad una conferenza stampa.
(martedì 18 ottobre 2011 www.reuters.it )

Così la tragedia delle torce umane
infiamma il Tibet contro la Cina
di Gabriel Bertinetto

L’hanno vista correre in strada con la tunica in fiamme. Otto minuti di tormento, prima di accasciarsi al suolo, esanime. Otto minuti in cui la poveretta ha soffocato il dolore delle ustioni inneggiando al Dalai Lama e invocando la fine del dominio cinese. Grida di libertà, non di dolore.
Così è morta Tenzin Wangmo, 20 anni, monaca del convento buddista di Mamae Dechen Choekhorling, a Ngaba, nel Sichuan, provincia cinese confinante con il Tibet e abitata da molti cittadini di etnia tibetana. Prima di Tenzin altri otto religiosi si erano immolati per protesta quest?anno nel Sichuan. Tutti, tranne uno, appartenevano al monastero di Kirti. Lei è la prima donna, e proviene dalla sezione femminile della stessa struttura religiosa.
La lunga serie di suicidi inizia il 16 marzo, quando il giovane Lobsang Phuntsok si dà fuoco per richiamare l?attenzione del mondo sul dramma irrisolto del suo popolo oppresso. Il bonzo sceglie non a caso la metà di marzo, in coincidenza con il terzo anniversario delle stragi compiute dalle forze di sicurezza cinesi nel 2008 a Lhasa, capoluogo del Tibet, che era allora in preda alla rivolta popolare.
L’esempio di Lobsang è imitato da altri compagni di fede e Kirti diventa il centro di una campagna di lotta in cui la violenza rivolta contro se stessi è il modo estremo per testimoniare la situazione di impotenza in cui versa il movimento nazionalista tibetano nella Cina comunista.
Pechino manda nella regione decine di migliaia di soldati e poliziotti. I conventi sono presidiati dagli uomini in uniforme. Ma la febbre del sacrificio non si placa, e solo nel mese di ottobre si è già al quinto episodio. Solo quattro monaci sono sopravvissuti al tentativo di suicidio, ma versano in gravi condizioni. Per Penpa Tsering, portavoce del parlamento tibetano in esilio, Tenzin Wangmo e gli altri che l’hanno preceduta nel darsi la morte, ‘sono spinti a gesti disperati dal malgoverno e dalle politiche sbagliate del potere centrale’. Penpa chiede ai singoli Stati e allOnu di ?rivolgersi alla Cina affinché rispetti i diritti umani?, ed esorta Pechino a ‘ritirare l’esercito dai monasteri, dove ormai ci sono più soldati che religiosi’.
Ogni tanto i bonzi tentano di inscenare qualche manifestazione chiedendo la fine dell?occupazione cinese e il ritorno del loro leader spirituale, il Dalai Lama, che vive in esilio dal 1959 a Dharamsala, in India. L’altro giorno a Khekor, sempre nel Sichuan, si sono radunati davanti a una stazione di polizia. Pacificamente, inermi. Gli agenti hanno sparato ugualmente, ferendone due. Si riferisce a fatti come quelli di Khekor Stephanie Brigden, direttrice di ‘Free Tibet’, organizzazione internazionale che promuove l’autodeterminazione della terra del Dalai Lama, quando afferma che ‘gli atti di auto-immolazione non avvengono nell’isolamento’. Al contrario arrivano notizie di azioni di lotta da tutta la zona, e crescongo gli appelli a una più ampia mobilitazione. Il movimento si sta espandendo’.
Per le autorità della Repubblica popolare, i giovani che si danno fuoco non sono eroi, ma strumenti nelle mani dei loro capi. A detta di Song Tendargye, capo degli affari religiosi della prefettura di Ngaba, ‘sono istigati dalla cricca che dall?estero manovra per il potere sotto il Dalai Lama’. Quest’ultimo invano da anni ripete di volere per il Tibet solo un’ampia autonomia senza mettere in discussione le frontiere dello Stato cinese. Pechino lo accusa di essere un bugiardo, di puntare alla secessione e di essere ‘una tigre travestita da agnello’. Mercoledi a Dharamsala il Dalai Lama si unirà all?incontro di preghiera e digiuno in ricordo delle povere torce umane di Ngaba.
18 ottobre 2011
http://www.unita.it

Violazione dei diritti delle donne – Associazione Italia Tibet (I diritti fondamentali delle donne tibetane continuano ad essere violati)

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