Come avrete notato é in atto un grave “silenzio omertoso” degli organi istituzionali, dei politici e della quasi totalita’ dei mezzi di informazione sulle elargizioni di Tanzi. Un silenzio “improvviso ed anomalo” che fa seguito alle “sparate giornalistiche” della prima ora, subito dopo il suo arresto. All’inizio – quando sembrava che gli unici colpevoli potessero essere Tanzi ed il suo clan – tutti (politici, giornali e prime donne varie) – hanno fatto a gara a scaricare su di lui tutte le colpe di questo mondo, addirittura plaudendo al suo arresto. Da quando pero’ Tanzi si e’ messo a parlare di “come ha speso” i soldi di cui si e’ indebitamente appropriato, l’attenzione dei mass-media e della politica si e’ subito retratta e ha cominciato a prendere le distanze dai risultati e dai metodi delle indagini della magistratura. Alla fine capitera’ anche stavolta che i politici e i giornali cercheranno di convincere l’opinione pubblica che la colpa di cio’ che e’ successo e’ dei magistrati che stanno indagando non di chi coloro che – appropriandosi di denaro aziendale – hanno contributo a far collassare l’impero economico di Tanzi.
In tale prospettiva dobbiamo allora chiederci: che fare a questo punto? Intendo dire, che altro può fare ciascuno di noi – nell’ambito delle nostre competenze e dei nostri doveri istituzionali – per capire (e far capire all’opinione pubblica, “giudice ultimo” in un paese democratico) cosa sia effettivamente avvenuto? Soprattutto quali rimedi sono necessari affinche’ in futuro cio’ non avvenga piu’?
Ricapitoliamo: la magistratura ha scoperto che il “patron” del maggior gruppo imprenditoriale agroalimentare italiano – ricorrendo sistematicamente a falsi in bilancio, truffe, appropriazione indebite, storni di fondi ed elargizioni varie – ha rischiato di mandare in fallimento la sua azienda, si e’ appropriato dei risparmi di decine di migliaia di piccoli risparmiatori, ha messo a rischio il posto di lavoro di migliaia di dipendenti, ha favorito ( o – il che e’ peggio – e’ stato costretto a favorire) alcuni creditori (in particolare le banche) a danno di altri (i piccoli risparmiatori).
Per poter fare tutto cio’ egli si sarebbe avvalso della “connivenza” di plurimi soggetti: politici (di primo e secondo piano), controllori (istituzionali o interni al sistema creditizio e imprenditoriale), giornalisti (per “filtrare” e trasmettere un’immagine aziendale positiva) ecclesiastici ed enti di beneficenza vari (per magnificare la propria filantropia), cattedratici ed esponenti culturali (per ingraziarsi ad aprire le porte della cosiddetta “buona societa’”).
Una “connivenza” però che Tanzi deve aver capito subito che non veniva regalata ma “bisognava” in qualche modo “comprare”. Ed evidentemente si e’ abbondantemente adeguato (stando almeno alle risultanze processuali che stanno emergendo). Una “abbondanza di elargizioni” che ovviamente ha accresciuto il dissesto finanziario della sua azienda e contribuito a rendere inesigibili i crediti dei piccoli risparmiatori che avevano investito nell’azienda di Collecchio proprio perche’ indotti dalle “buone amicizie” di Tanzi e dai “buoni resoconti giornalistici” che venivano pubblicati
Stando cosi’ le cose, e’ ovvio che il tentativo di “mettere la museruola” alle indagini e alla libera informazione e’ del tutto fuori luogo e semmai denota un volgare tentativo di “coprire” se stessi o i propri amici di merenda. Che fare allora?
Noi politici, poi – almeno quelli di noi che sono rimasti “indenni” dalle profferte di Tanzi – dobbiamo attivarci nelle sedi istituzionali proprie per sollecitare tre cose: una che riguarda il passato, l’altra il presente e la terza il futuro.
Per le cose del passato (vale a dire per i soldi e i favori che gia’ sono girati fra Tanzi e i gli altri, politici e giornalisti compresi) bisogna fare in modo che il Ministero di Grazia e Giustizia fornisca di sufficienti risorse umane e finanziarie i magistrati che stanno svolgendo il loro lavoro di accertamento, affinche’ possano svolgerlo al meglio ed al piu’ presto (e comunque prima delle solite fatidiche prescrizioni). Bisogna poi che il Parlamento faccia – attraverso la costituzione ed il lavoro (serio, pero’) di una Commissione parlamentare di inchiesta – una propria analisi “interna”, senza bisogno di aspettare l’esito del giudizio della magistratura. Possono esserci infatti – e nel caso di specie sembra proprio che vi siano stati – comportamenti formalmente leciti ma moralmente e politicamente scorretti, come ad esempio la questione dei finanziamenti politici regolarmente registrati ma che “nascondono” un “ingiusto vantaggio di ritorno” a favore di chi versa il denaro (insomma uno “sbianchettamento” di un comportamento che all’epoca della prima Repubblica costituiva reato e che ancora oggi resta una ingiustizia sostanziale.
Per il presente, bisogna che ciascun politico coinvolto dia il “buon esempio”. Ciascun politico seriamente coinvolto (o che sa di poter essere coinvolto dalle dichiarazioni di Tanzi “sa” anche (egli si’ che lo sa per certo, altro che storie) se cio’ che Tanzi e gli altri complici dicono sia vero o meno. Coloro che sanno di poter rimanere invischiati in modo serio dalle indagini della magistratura abbiano uno scatto di orgoglio ed un gesto di “rispetto verso la politica” e si facciano momentaneamente da parte per questa “tornata elettorale”. Il loro diritto a dover essere considerati innocenti fino a prova contraria rimane inalterato (ed anzi esaltato per il “nobile gesto” che fanno). Potranno altresi’ avere le mani piu’ libere per difendersi dalle accuse e potranno piu’ facilmente dimostrare la loro innocenza (se lo sono) mentre la politica intera potrebbe lavorare in un clima meno avvelenato.
Per il futuro bisogna che tutti ci interroghiamo sulla questione di fondo che dai tempi di Mani Pulite e’ rimasta nell’aria ed a tutt’oggi non ha trovato adeguata soluzione: i “costi della politica”. Che fare politica costi non v’e’ dubbio ed e’ quindi giusto che lo Stato (e quindi tutti noi) ce ne facciamo in qualche modo carico (ad esempio, ma non necessariamente, con trasparenti e non eccessivi finanziamenti pubblici). Ma che si possa fare politica senza spendere necessariamente una barcata di soldi e’ altrettanto indubbio. Lo dimostra il fatto – pubblicato proprio da Libero nei giorni scorsi – che una forza politica come l’Italia dei Valori pur essendosi presentata da sola alle ultime elezioni politiche ed aver preso molti piu’ voti di tanti blasonati partiti sia l’unico partito a non avere debiti. Insomma bisogna stabilire dei limiti invalicabili di “buon senso” e di “pari opportunita’” (altrimenti il piu’ “ricco ed il piu’ furbo” vincono sempre). Limiti che devono riguardare sia il fronte delle “entrate”, altrimenti i partiti si mettono a fare la “rincorsa” per avere (ed ottenere) piu’ finanziamenti possibili (pubblici e privati), e quando, poi, non
riescono ad averli in modo lecito lo fanno in modo occulto pur di battere l’avversario. Sia il fronte delle “spese”, per mettere dei “paletti” alle tante, troppe spese per “comprare” il consenso dell’opinione pubblica con campagne pubblicitarie massificanti e dai costi esorbitanti, il tutto incanalato in una “logica dell’emulazione” da parte dei vari partiti politici che li porta inesorabilmente ad accumulare debiti astronomici che poi in qualche modo bisogna ripianare. Si capisce cosi’ – ma non si giustifica affatto – la vulnerabilita’ e l’ammiccamento dei politici verso quel mondo imprenditoriale e finanziario piu’ disposto a barattare la propria imprenditorialita’ e professionalita’ con “mazzette” e prebende varie.

Antonio Di Pietro – Presidente Italia dei Valori

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