“Se parli lo diciamo a tua madre”
I suoi aguzzini la ricattavano con le sue stesse foto hard. Alla fine qualcuno le ha mandate alla donna, che ha denunciato l’accaduto. Un compagno: “Tutti sapevano di cosa accadeva, pensavamo fosse normale”, dicono i compagni di scuola.
Articolo a cura di Biagio Chiariello da fanpage.it
Una ragazzina di 13 anni sarebbe stata violentata per 7 mesi da un branco di suoi coetanei. E’ una storia angosciante quella che arriva da Torino. A raccontarla è La Stampa. La giovane vittima sarebbe stata umiliata, stuprata e minacciata con foto hard. La portavano in garage e la filmavano durante i rapporti. “Se non fai quello che ti diciamo facciamo vedere tutto a tua madre”. E’ proprio questa minaccia è stata la sua salvezza: quando dopo 7 mesi la ragazza ha deciso di dire ‘basta’, gli aguzzini hanno inviato un messaggio con tanto di foto alla madre che li ha denunciati. “Tutti nel quartiere conoscevamo questa storia”, racconta al quotidiano torinese uno studente della scuola frequentata dalla ragazzina e dai suoi stupratori, in zona Falchera. “Sembrava una cosa normale – aggiunge – non avevamo capito che le avevano fatto dei video e la stavano ricattando”. Ad un certo però la 13enne ha capito che era troppo. A un’amica aveva detto: “Non mi lasciano in pace, non ce la faccio più, sto malissimo”.
Litigate furiose in mezzo alle strade del quartiere, altre violenze nel garage. Altri tentativi di scappare. Il senso ingiusto di vergogna che la inchiodava. Dopo le feste di Natale, era convinta di essersi finalmente liberata da quell’incubo. Ma il 20 gennaio sua madre, tornando a casa dal lavoro, ha trovato una busta anonima nella buca delle lettere. Dentro c’era una fotografia scioccante. Era la vendetta del branco. È stato a quel punto che il mondo degli adulti ha capito. Margherita ha raccontato ogni cosa, piangendo.
“So che la madre ha sporto denuncia. C’è un’indagine in corso. Si è presentata a scuola per chiedere il nulla osta al trasferimento di sua figlia circa venti giorni fa”, dice il preside dell’istituto. “Era sconvolta – continua – come lo sono io. È un fatto gravissimo, che adesso rischia di creare dei pregiudizi verso un quartiere che sta cercando in tutti i modi di uscire dall’isolamento e dal degrado. La madre diceva: ‘Ma come è possibile che non mi abbia detto niente? Pensavo di aver un buon rapporto con lei’. Ecco: è la stessa domanda che interroga tutti. Dove abbiamo sbagliato?”.
La polizia ha sequestrato telefoni e computer: Nella banda del garage sarebbero pochi – forse soltanto tre – quelli che hanno già compiuto quattordici anni. La vittima ha cambiato scuola, ma non ha perso le amiche. “Mi ha detto che riceve minacce. Che la insultano continuamente, perché non si doveva sapere del garage…” racconta una di loro a La Stampa.
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