… MASCHIO E FEMMINA LI CREO’
di Gabriella Valli
All’inizio dei tempi … li creò.
Adamo primo uomo nella storia del mondo ed Eva progenitrice che, per volere supremo, nacque da una sua costola.
Da allora, l’eterno raffronto-confronto che a mio modesto parere non troverà mai una veritiera ed uniforme chiarificazione.
Uomo e donna… perché nati per socializzare eppure tanto diversi?
Questo è l’interrogativo che, più soventemente, traspare in questo ricercatissimo lavoro. Le possibilità di risposte sono molteplici ma non tutte adattabili ad un iter che possa essere considerato pacificante o pacificatore.
Ne risulta una sorta di drammatica, ardua analisi, più o meno accettabile a priori e chissà fino a che punto veritiera.
Il saggio, presentato al lettore, in modo discorsivo, rivela una maturità, una profondità di pensiero che conducono certamente a porsi, così come ha fatto la stessa autrice, una miriade di domande.
La sua analisi inizia dalla Genesi che per sua ammissione non cita come testo sacro, bensì come fonte sapienziale.
Io, però, vorrei analizzare ciò che per prima ipotesi la Valli ha preso in considerazione; la differenza tra uomo e donna.
La prima, la più evidente è senza dubbio di carattere fisico: l’uomo nel corpo è completamente diverso dalla donna.
Il maschio e la femmina sono complementari perché questo è richiesto alla stessa loro natura.
L’ eterno conflitto tra le due specie, deriva appunto da questa imprescindibile, lapalissiana verità.
Tuttavia è per atavica memoria che essi si ricerchino,si uniscano relazionandosi in modo determinante.
Perché? Mi chiedo alla differenza del corpo fa seguito una diversità così definita per tutto quanto riguarda il vissuto di ogni attore chiamato in causa?
La nostra Autrice si è rifatta a S. Tommaso che com’è noto docet.
Su questo argomento si sono spesi fiumi d’inchiostro: partirò dalle cose più elementari, volendo seguire una linea filosofica, è possibile, per esempio, partire da Socrate.
La sua Maieutica non trascende da nulla che, nell’intimo pensiero, non sia rapportato all’emisfero femminile.
E’ costei che appunto partorisce e, sempre dal suo ventre, defluisce il frutto della vita.
Mi fermo qui, obiettando chiaramente quanto abbia sempre trovato ingiusto che si giungesse ad una realizzazione del pensiero, usando, e utilizzo ad hoc questa forma verbale,l’altro diverso da se stesso e cioè la donna. Quest’ultima,non citata a modello per il suo intelletto ,ma bensì per la sua capacità di partorire.
Ma torniamo a ciò che la scrittrice ha sapientemente elaborato.
E’ nell’empatia reciproca che come seguendo un filo tracciato dalla stessa natura soltanto nell’unione naturale, si completa il cerchio dell’esistenza stessa nella sua sacralità.
Non necessariamente questa unione è da ritenersi tale, solo se costretta in stigmi religiosi e non.
Non è possibile accostarsi a questo testo, senza ravvisarne le enormi conoscenze teologiche sapientemente menzionate.
Pure, è davvero affascinante inoltrarsi nel pensiero che fluisce rapido, deciso e magistralmente appagante.
E’ innegabile comunque che, sebbene nella loro diversità e complementarietà, il maschio e la femmina non hanno mai camminato su binari paralleli. Forse non accadrà mai.
Ho percepito tra le righe, un dolore umanamente condivisibile con la Valli : il maschilismo che inonda i rapporti che da sempre intercorrono tra i due sessi.
Ho colto, un turbamento profondo laddove esaminando i diversi comportamenti , era impossibile non leggerne, la VOLUTA DIVERSITA’.
Mi è difficile pensare ai secoli scorsi, quando alla donna era concesso soltanto sottostare all’uomo.
Già all’inizio dell’800, si possono notare sostanziali differenze comportamentali che le si riferiscono, e vivaddio qualche volta anche, forse in modo troppo eclatante. Come non ricordare a Tal proposito le performance di Lina Cavalieri che, osa sfidare, ante litteram, una società retrograda e pettegola, indossando il simbolo del maschilismo più ferreo: i pantaloni emblema e contenitori di attribuzioni che erano prerogativa di assoluto podere.
Purtroppo, la sete di parità, il sentimento di rivalsa che alberga nel pianeta donna ,in questo nostro irrequieto secolo, appena iniziato,denuda una volontà malata che non credo giusto debba esser vissuta.
Ora, la presenza muliebre in piena competizione con l’uomo,
molto spesso, rinuncia, per questa insana lotta di voluta esasperata parità, alla sua intrinseca natura, per adattarsi a ruoli che potrebbero non appartenerle.
La donna si sta mascolinizzando; lei che per dignità e natura è Femmina cioè fattrice, cerca di accantonare questo suo desiderio tra gli ultimi.
Sono perfettamente in sintonia con ciò che esprime l’autrice in questo splendido saggio, quando si riferisce alla squallida vicenda che portò alla ribalta dei masmedia di tutto il mondo e mi riferisco alla tresca tra il Presidente degli USA Bill Clinton e la sua stagista Monica Lewinsky.
Stesso dicasi per l’immoralità dimostrata dalla meravigliosa creatura che fu Salomè e questo, si badi bene, accadeva secoli e secoli prima-
Non esiste alcun margine di dubbio sull’impudicizia devastante che inglobò l’immagine di entrambe queste donne:
ognuna di loro pose in evidenza non certo la sua femminilità intesa nel senso più etico ma, soltanto uno smisurato e spregiudicato senso di arrivismo.
l’Enciclica che emanò SS Giovanni Paolo II “Mulieris Dignitatem”, sembra voler richiamare alla consapevolezza del proprio ruolo ogni donna .
E’ un appello all’amore, inteso come “ fons vitae “ e non eroticamente discusso.
E’ transeunta volontà di riconoscimento che va di là dall’essere diversa dal maschio morfologicamente parlando,
ma completa e compresa nelle sue manifestazioni di grande dignità.
E’ l’amore che salverà il mondo!
Nella sua universalità, scevra dall’io più egoistico: un tipo di sentimento che non dividerà l’uomo dalla donna, il maschio dalla femmina.
Questo è l’auspicio di Gabriella Valli ed il mio personalissimo.
Gabriella Valli: Poetessa scrittrice saggista.
Nata a Roma dove vive.
Ha compiuto studi teologici, e pubblicato volumi di poesie “Le ali degli Angeli” “Le mani piene di fiori” tanto per ricordare gli ultimi.
Ha dato alle stampe i suoi 2 ultimi saggi “le donne guerriere” e “Maschio e femmina li creò”.
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DIMENTICO E TI AMO
di Gabriele Panfili
Dimentico e ti amo… soltanto due parole, che hanno
in nuce, forse inconsapevolmente, innumerevoli risvolti.
Io le leggo anche come un assioma… perchè: come si può amare dimenticando?
Poi…scorrendo questa deliziosa silloge di Gabriele, la prima riflessione che, spontaneamente, mi è balenata nella mente è stata questa: qui di dimenticato non c’è assolutamente nulla!
Tutte le sensazioni, vicine e lontane che siano, sono richiamate e, oserei dire, reclamate e vagliate fino a renderle un solo eclatante e splendido silenzio.
Si… quello stesso tipo di silenzio che grida forte e spesso nei suoi versi.
Quello stesso silenzio che l’autore stesso definisce “strapieno”
poichè comprende mille e più pensieri e naufraga in stati d’animo a volte dolorosi, altre nostalgici.
Non so se credere questo poeta storico di se, o della vita stessa, o di quelle emozioni che sono sempre esaltate, suo malgrado, in ogni verso… /in questo tenero tramonto che parla di giorno passati/.
Molteplici gli argomenti trattati nellaa raccolta; dall’amor patrio del giovane in guerra, alla rassegnata disponibilità del ventenne sotto il servizio di leva… /Silenzio invece intorno a me, mentre affogo nel pianto la gioia dei miei vent’anni./
Ho letto nei suoi versi, un’appassionata ricerca del senso della vita stessa, un accorato e muto chiederne a se stesso od alla sua fede, sempre in primissimo piano,risposte che, a nessuno, è stato mai dato conoscere.
Una sensibilità immersa nel misticismo di pensiero che, credo, rappresenti a priori il pregio maggiore, di là della concentrica musicalità del verso libero, espresso in questa su0 lavoro.
E…si rifà sapientemente e pregevolmente ai suoi umbri natali; riferisce i versi del Santo Poverello, ne condivide pienamente i pensieri.
Non è assolutamente esaminando verso dopo verso, che ho maturato una mia personale convinzione su questo autore; è stata nella sua globalità che ho ravvisato spunti filosofici a mio parere evidentissimi.
Gabriele Panfili si racconta… E, mentre lo fa, interroga il suo Io più recondito, sul perché di ogni sua sensazione.
Canta l’amore, per una donna dai capelli biondi, ma in lui anche un altro tipo d’amore alberga: quello per sua Madre che tuttavia non incide intimisticamente sull’opera; quei moti d’anima, così accoratamente descritti, potrebbero riflettere quelli di ognuno di noi!
Il mare, la montagna, i passi in solitudine, i pensieri che, a volte, si insinuano nella sua mente e parlano di vita ma anche di morte; sembrano voler lasciarsi dietro il passato nella speranza, però, che non vada perduto completamente.
Credo che, sebbene a sua insaputa, egli abbia impostato il suo “modus vivendi” sulla serena e compiuta filosofia Agostiniana “Redi in te ispsum”.
Che dire infine? Se questi sono i risultati, continua a guardarti dentro…Sai farlo egregiamente.
Gabriele Panfili.
Umbro di nascita, ha scritto moltissimo e pubblicato soltanto due volumi di poesia.
E’ medico veterinario e soltanto da pochissimo tempo in pensione.
“Dimentico e ti amo” è l’ultima silloge poetica in ordine di tempo
E è vincitore di prestigiosi Premi Letterari.
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STALATTITI DI CRISTALLO
di Antonietta Castelli
Mi fa piacere parlare di Antonietta Castelli, più che per dire qualcosa di nuovo sul testo o per cimentarmi in commenti vari sullo stile di questa scrittrice, quanto per rivolgere un affettuoso complimento ad Antonietta che conoscevo, in senso letterario,anche come poetessa genuina e delicata.
Dire che questo suo ultimo lavoro abbia saputo stupirmi, non risponderebbe certamente a verità poiché ho ritrovato tra le pagine, ciò che mi aspettavo da una persona come lei.
“Stalattiti di cristallo” mette a nudo tutta la sua solare femminilità; esalta con semplicità e sincerità, quasi senza volerlo fare, la sua anima fanciulla che spesso ritorna a godere ricordando i versi del Pascoli.
Di prezioso fine, cristallo sono i teneri sentimenti, che lei esplica con stupore
primigenio.
Si evince nel suo percorso un movimento di linea retta che va oltre l’imprescindibile esperienza quotidiana dell’io, per librarsi emozionalmente alla ricerca di una umanità più vasta, accostandosi agli altri come per conoscere meglio se stessa e dice:.(L’astronomo continua il suo discorso interminabile e solo ora mi accorgo che non conosco la sua lingua..Potenza delle stelle!) No, io credo che la potenza sia soltanto e soprattutto nella sua grande sensibilità.
Dice poi: (Mi chiama meine tochter, figlia mia, e questo mi piace)ed ecco di nuovo aleggiare la pienezza di una donna che coglie ogni pur minimo moto del cuore; poi… ne fa dono al lettore, con la naturalezza di linguaggio che le è propria.
Antonietta sta certamente attraversando un momento inequivocabilmente maturo del suo iter letterario e questo è, senza dubbio, il motivo che la spinge, oltre, l’essere comune ed asettica narratrice. Lei riesce magistralmente a proiettare i sensi più intimi del suo essere, estrapolando il suo “io”dalle vicende che via, via si dipanano sulle pagine, per poi ritrovarcisi immersa nuovamente.
La minuta dolcezza di una madre che si dibatte nel dubbio di far conoscere ai suoi figli gli orrori che ogni giorno accadono intorno a noi, e la tenue speranza che, conoscendo il male, essi sappiano fuggirne è ben esplicata (Mamma anche stanotte ho fatto il solito incubo) e riporta all’antico sempre vivo problema pedagogico di cui tanto disse il pedagogo Russeau.
Nei suoi racconti e, forse vado errando a chiamarli così, poiché in realtà credo che ci si possa leggere molto di autobiografico, tutto si svolge sotto il velo d’una tenerezza compiuta e totale, che si nutre di ricordi: quelli dell’infanzia quasi a ricercare qualcosa che si teme possa andar perduto nel tempo.
(E’ tempo e luogo della mia memoria e mentre ripenso alla “mia” Toscana tengo in grembo le testoline dei miei figli addormentati.)
Tutto evoca amore, sentimenti, nel respiro di momenti catartici e ariosi.
La Castelli non è solamente storica di se; accosta ai suoi ricordi parole e fatti che appartennero alla sua generazione ed a quella prima di lei. Dice infatti: (quando, bimba, ascoltai dire a mezza bocca, come parola disdicevole, il nome della Claretta l’amante di Mussolini, io la giudicai nel peggiore dei modi; ora la penso con occhi di madre e penso a lei a quando, lo specchio del Garda le rimandava l’immagine di una giovane donna che poco più che bambina, sognava l’Eroe che ora era lì, a poca distanza da lei, stanco e disperato.)
Il suo riproporre circostanze ed esperienze infantili nel ricordo di una piccola spiaggia dove, ogni sera al tramonto, i bimbi attendevano l’arrivo del burattinaio evidenziandone, con gli occhi della mente,la figura forse un po’ triste, con nello sguardo infinita amarezza, sa dirla lunga sul suo modo di guardare la vita.
La rivisitazione di luoghi che hanno lasciato nel cuore della Castelli emozioni che il tempo non è mai riuscito a cancellare (il salotto della casa dei nonni… il vaso di Sèvres andato in frantumi… l’acqua zampillante delle fontane di Piazza Farnese…) tutte testimonianze di una stagione trascorsa ed emozionalmente presente.
Ecco… son naturalmente queste le stalattiti di cristallo di Antonietta; le percezioni, che, vivendo di presente, risentono e vivono del suo passato.
Nella visione Leopardiana delle “Rimembranze” si scioglie il filo del suo destino di donna che spesso, guardando, di là dai ricordi cristallizzati, ritrova la freschezza della prima infanzia, della giovinezza lontana e miracolosamente ancora viva.
Questo suo eccellente lavoro mi ha riportato a “La ricerca del tempo perduto”
di Marcel Proust; opera che personalmente adoro da sempre.
Devo dire però e, concludo, che oltre il valore letterario assestato su un substrato qualitativo importante, io ho scoperto in Antonietta Castelli una purezza di cuore che mi ha davvero esaltato.
Complimenti cara, per il tuo lavoro e per il tuo grande sentimento!
Antonietta Castelli
E’ nata a Roma dove risiede.Ha scritto alcune opere di narrativa ottenendo, con racconti e romanzi prestigiosi premi.
Poetessa, ha collaborato in alcune riviste letterarie.
L’ultima sua fatica è “Stalattiti di Cristallo”
Nadia Angelini
e-mail: [email protected]
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