Alina Rizzi

tuseiuno - TU SEI UNO
(Con 7 collages dell’Autrice)
Signum edizioni d’arte- dicembre 2006
collana diretta dal pittore Claudio Granaroli

Recensione di Serena Scionti per il Corriere di Como, 11-2-2007

Tu sei uno, dice l’ultima raccolta poetica di Alina Rizzi, corredata di sette collages dell’autrice. Inserita come 138 nella Collana dei numeri, conferma Alina Rizzi quale poetessa d’amore quotidiano, attenta alle dinamiche collettive del dialogo fra uomo e donna, ma nel contempo all’unicità delle relazioni: ogni incontro, per quanto fugace, è «obliterato a fuoco nella carne». Nuovi Ulisse e Calipso, gli amanti si rincorrono in un gioco predatorio, dove spesso è l’uomo a fuggire e la donna a invocarne il nostos. Sempre sul punto di partire, il maschio ha fretta, non ascolta i racconti di Sheherazade, che a lui, viandante, si dedica con lo spirito e il corpo, consacrando l’incontro come eterno: Tu sei uno, «mi piace il tuo corpo che non conosco», gioiosamente. Uno ed unico, solitario incontro, eppure «perfetto -fino al mattino./ Nulla ci siamo negati, neppure la fiducia». Gli amanti non devono, come sventuratamente fece Orfeo, voltarsi indietro per trattenere ciò che è stato: dolore o gioia, bisogna saper dire addio, e chiudere la porta che «ora germoglia / e stilla rossa linfa».

INTERVISTA

1-Nella tua ultima pubblicazione, Tu sei uno, parli d’amore, tema portante di tutti i tuoi testi. Fra di essi, quale ti ha dato più soddisfazione e notorietà?
Ho avuto notorietà dalla pubblicazione del romanzo Amare Leon (Borelli) che poi è diventato l’ultimo film di Tinto Brass: Monamour. Ma ogni libro che scrivo mi dà soddisfazione; ognuno di essi rispecchia un periodo diverso della mia vita, che non invalida i precedenti, ma a volte ne prende le distanze. Io cambio, i miei libri cambiano. Non credo ci sia incoerenza in questo.

2-Scrivere oggi: quali sono le difficoltà per riuscire a veicolare le proprie parole? E quali, nello specifico, le difficoltà per chi è donna?
Le difficoltà di pubblicazione per uomini e donne credo siano più o meno le stesse: per fare arrivare il proprio dattiloscritto sul tavolo di un editore vero ( cioè non uno stampatore, “editore a pagamento”) occorre conoscere qualcuno che faccia una breve presentazione iniziale. Non parlo di
una raccomandazione, ma di una semplice indicazione affinché il testo venga visionato prima di tutti quelli arretrati. Purtroppo siamo in tanti a voler pubblicare e in pochi poi a comperare libri: l’editore fa le sue scelte, che a volte tengono conto più del lato commerciale dell’operazione che della qualità dell’opera. Ma è il marketing, no?

3- Perché si scrive? Quale necessità urge dentro?
Io scrivo perché non posso farne a meno, semplicemente. Non credo ci sia altra ragione per scrivere. Non si guadagna, si lavora molto senza mai potersi dire arrivati da qualche parte, e ogni nuovo libro pubblicato è una scommessa. Una persona sana di mente coltiva altri interessi e si guadagna da vivere con un lavoro più redditizio. Ma uno scrittore “vero” non credo abbia molte possibilità di scelta: scrive per non morire.

4-Quali le gioie dello scrivere? Può la scrittura creare un circolo virtuoso tra scrittrici e lettrici?
Le gioie vengono quando riesci a completare un lavoro e a sentire dentro che corrisponde a quello che volevi dire. Poi ovviamente quando il libro incontra il lettore e tu, ad una presentazione pubblica, lo vedi annuire con la testa. Oppure lo senti dire: “sa che anche io…” o ” è proprio quello che è capitato a me…”. Vuol dire che c’è stato un incontro profondo, che la tua scrittura non si è persa nel vuoto ma ha raggiunto l’altro. E’ soltanto questo il vero piacere.

5-Esiste, secondo te, una specificità della scrittura/letteratura femminile? O si deve solo parlare di buona e cattiva letteratura?
Donne e uomini sono diversi, fortunatamente. Perché mai dovrebbero sentire e scrivere allo stesso modo? Le donne non scrivono libri migliori, scrivono libri diversi, e viceversa. Il fatto poi che le donne abbiano avuto libero accesso all’istruzione e alla cultura in tempo così recenti, porta inevitabilmente ad un eccesso di circolazione di libri maschili rispetto a quelli femminili. Però mi chiedo: perché gli uomini non sono curiosi di conoscere cosa le donne si sono tenute dentro per tanti secoli? Non considerano i loro pensieri degni di nota? O temono la concorrenza?

6-So che svolgi un ruolo di divulgatrice culturale al femminile: hai curato antologie, tieni un sito, stai promuovendo un circolo culturale. Parlacene.
Apprezzo, studio e cerco di divulgare la scrittura femminile il più possibile, proprio perché fa parte della storia recente e ha bisogno di mezzi per recuperare il tempo perduto. Le antologie femminili servono ad offrire un panorama ampio e il più completo possibile delle autrici contemporanee. Il sito (www.segniesensi.it) offre uno spazio di visibilità non solo alla scrittura delle donne, ma anche all’arte, moderna e passata. E’ aperto a contributi e commenti, ricco di interviste, recensioni, consigli di lettura e approfondimenti su autrici del passato; vi si trovano anche brani di testi ormai esauriti o fuori catalogo. Il circolo, con sede ad Erba, (direttore Antonella Arcuri e vicedirettore Alina Rizzi) intende promuovere le attività femminili in ambito culturale, artistico, e sociale, allargando gli orizzonti anche oltre la provincia. Ambisce ad un colloquio tra maschile e femminile, che sia utile per un riavvicinamento dei ruoli e uno scambio profondo delle proprie potenzialità ed esigenze.

7-Qual è il tuo rapporto con il territorio di Como? Come valuti la situazione delle scrittrici comasche?
Onestamente, il mio rapporto con il territorio è di “amichevole distanza”. Non credo ci si possa sentire accolti da un’intera comunità, non è necessario. E’ già molto avere il proprio pubblico, anche piccolo, ma attento. Non ho contatti con le scrittici comasche, non ne conosco se non superficialmente. Trattiamo temi diversi, forse. Le mie amiche scrittrici stanno un po’ ovunque ma questo non mi crea grossi problemi: non amo l’orizzonte ristretto della provincia, mi piace lavorare con editori diversi, guardare un po’ più lontano.

8-Hai un bambino di tre anni. Credi che una donna possa continuare a fare la scrittrice divenendo madre o farebbe meglio a scegliere tra le due?
Tasto dolente. Sono convinta che una donna possa e debba continuare a fare il proprio lavoro, se ci tiene, pur avendo un figlio. Ma non si aspetti che sia facile come si tenta di farle credere. Io ho voluto mio figlio, occuparmi di lui personalmente, e continuare a lavorare. Ma ho pagato un prezzo alto, mi sono ammalata. Non a causa di mio figlio, sia chiaro, bensì della solitudine in cui viene lasciata una madre che non è pronta ad immolarsi per la prole. Assenti le istituzioni, assente la comprensione delle altre donne, che pure sanno. Non a caso il mio prossimo libro tratterà di questo argomento: il lato oscuro della maternità, tutto il non detto, la sofferenza sepolta sotto il mito della famiglia del mulino
bianco. C’è tanta ipocrisia attorno a questo tema: ma i risultati poi si vedono nelle pagine di cronaca quotidiana.

9- Dunque il tuo prossimo libro inverte la rotta: dall’eros alla cronaca nera!
Sì, un bel salto, lo stesso che ho fatto io da quella che ero dieci anni fa e quella che sono oggi. Ma l’eros-passione continua ad essere un argomento interessante per me, per cui vi faccio sovente qualche incursione poetica.

10-Un’ultima riflessione da scrittrice: meglio la prosa o la poesia?
La prosa e la poesia sono linguaggi differenti. Preferisco la prosa quando voglio raccontare una storia, fatti, accadimenti. Scelgo la poesia quando il linguaggio aspira a trasmettere un’emozione, un momento ben circoscritto, intenso, cristallizzabile in poche sillabe.

… per informazioni: Alina Rizzi email - TU SEI UNO

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