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 DEMOLISCE IL MADE IN ITALY A COLPI DI MACHETE

Dopo aver di fatto legalizzato il Made in Italy tarocco, la Commissione Europea continua la distruzione del Made in Italy a colpi di machete con un’altra stangata per i prodotti italiani: cadono quasi tutti i dazi tra Ue e Messico.
Il recente accordo, come ha detto il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker, “vede il Messico aggiungersi alla lista dei Paesi che vogliono lavorare con l’Ue per difendere un commercio equo ed aperto, come Giappone, Singapore e Canada”.
Il trattato prevede l’eliminazione dei dazi su “quasi tutte le merci“; a tal proposito esulta il ministro Carlo Calenda:
Potremo beneficiare infatti di una liberalizzazione daziaria al 99%, di cui il 98% all’entrata in vigore, oltre che dell’abolizione dei dazi sul formaggio (ad oggi fino al 20%), sulla pasta (20%), sulla carne di maiale (45%), della protezione di numerose indicazioni geografiche e di una forte riduzione delle formalità per l’esportazione dei beni industriali sia a livello regolamentare che doganale.
Completamente di altro parere, invece, la Coldiretti, che dal lato suo dichiara:
Scelta autolesionista della Commissione Europea, che dà il via libera al Parmesano, ai salamini italiani e al vino Dolcetto Made in Messico; potranno infatti essere prodotti e venduti senza limiti in terra messicana oltre il 90% degli 817 prodotti a denominazione di origine nazionali riconosciuti in Italia e nell’Unione Europea (293 prodotti alimentari e 523 vini)”.
Secondo la principale associazione degli agricoltori l’Italia non ha che da perderci con questo accordo, in quanto “nel 2017 l’Italia ha importato prodotti agroalimentari dal Messico per 86 milioni di euro mentre le esportazioni sono state di 103 milioni, quasi 1/3 delle quali rappresentate dal vino (33 milioni di euro) che gode già del dazio zero, per effetto del precedente accordo del 2000; vista l’importante quota di mercato, la priorità dell’Ue e dell’Italia sarebbe dovuta essere la tutela delle denominazioni, non il contrario.”
Continua poi la Coldiretti, rincarando la dose:
Il furto di identità delle produzioni più tipiche è un costo troppo elevato per l’Italia che non è di certo compensato dalla riduzione delle barriere tariffarie per il formaggio e per la pasta con le esportazioni dall’Italia che nel 2017 sono state pari rispettivamente il valore di 3,3 milioni di euro e di 6,3 milioni di euro, anche per gli effetti della delocalizzazione industriale. Dall’intesa con il Canada (Ceta) a quella siglata con il Giappone e Singapore, passando per questa con il Messico fino ad arrivare a quella in corso con i Paesi del Sudamerica (Mercosur) si assiste al moltiplicarsi di accordi di libero scambio da parte dell’Unione Europea che legittimano a livello internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi.
La Coldiretti, infine, “sta avviando una mobilitazione popolare per fermare il cibo falso e proteggere la salute, tutelare l’economia, bloccare le speculazioni e difendere l’agricoltura italiana”. L’associazione degli agricoltori non è comunque la sola a muoversi a tutela del Made in Italy ed in difesa dell’economia italiana: anche il MUN (Marchio Unico Nazionale) ha da tempo intrapreso azioni in questo senso, in modo tale da salvaguardare l’originalità italiana dei prodotti, fiore all’occhiello del nostro Paese, per proteggere tutta la filiera produttiva e con essa i posti di lavoro correlati.
Rimane invece sempre aperta la questione relativa alle sanzioni alla Russia, che sta costando al Made in Italy la perdita di notevoli quote di mercato dal punto di vista dell’export.

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