Bruxelles, 23 feb – (Adnkronos/Aki) – Tassi di occupazione in caduta libera all’arrivo del primo figlio, carriera bloccata, ”segregazione” professionale nei settori tradizionalmente riservati alle donne e paghe inferiori a quelle dei colleghi uomini. Le pari opportunita’ in Europa, stando al rapporto 2006 della Commissione Ue sull’uguaglianza tra i sessi, restano ancora un miraggio. E la situazione delle donne italiane, salvo qualche lusinghiera eccezione nel Nord Europa, neanche a dirlo, non e’ poi molto diversa da quella delle altre europee. E’ vero – sottolinea Bruxelles – che nei venticinque il tasso di occupazione femminile e’ cresciuto continuativamente fino al 55.7% nel 2004 (lo 0,7% in piu’ rispetto l’anno precedente) e che lo scarto occupazionale tra uomini e donne si e’ ridotto di 15,2 punti. Tuttavia, questa crescita e’ rimasta confinata alle attivita’ e alle professioni a vocazione femminile: pubblica amministrazione, scuola, sanita’ e sociale in Europa occupano mediamente piu’ di quattro salariate su dieci. Meno di due uomini su 10 sono impiegati in questi settori.
A destare preoccupazione e’ anche l’incidenza del part-time, ancora appannaggio quasi esclusivo del gentil sesso: il lavoro a tempo ridotto interessa mediamente infatti il 32,6% delle europee attive (meno del 30% delle italiane) contro il 7,4% degli uomini. Questo tipo di contratto – osserva Bruxelles – ”puo’ riflettereuna scelta personale e aiutare i cittadino a entrare o restare nel mercato del lavoro, ma lo scarto registrato evidenzia che i membri dipendenti della famiglia restano, in realta’, sulle spalle delle donne e che queste fanno ancora fatica a conciliare vita
professionalee privata”.
Le statistiche dimostrano peraltro la permanenze delle donne sul mercato del lavoro e il tempo del lavoro sono strettamente legati al numero e all’eta’ dei loro bimbi. La maternita’, in generale, riduce il tasso femminile di occupazione di quasi 14,5 punti percentuali: un terzo delle mamme con un solo figlio e la meta’ delle mamme di tre figli o piu’ passano al part-time mentrela proporzione di uomini che sceglie questo contratto varia marginalmente in funzione della famiglia. Sfera privata e lavoro in collisione, stereotipi e meritocrazia nel segno della discriminazione contribuiscono anche a bloccare verticalmente la carriera delle donne. Nelle aziende europee – stando al rapporto Ue – le dirigenti sono solo il 32%, le donne che entrano in un consiglio di amministrazione il 10% mentre uno sparuto 3% arriva a sedersi alla poltrona di direttore generale di una grande azienda. In Italia la ”debacle” e’ ancora piu’ evidente. Il Paese, non e’ una novita’, e’ tra i fanalini di coda dell’Ue quanto a presenze femminili in Parlamento e, a differenza di altri membri Ue, la situazione e’ rimasta sostanzialmente immutata dal 2003. Siamo poi ultimi in Europa per la presenza di donne negli esecutivi delle prime 50 societa’ quotate in borsa: meno del 2% contro una media Ue di cinque volte tanto. Le italiane se la sono cavata un po’ meglio quando in gioco c’era un posto di manager e, solo in questo caso, nel 2004 si e’ arrivato a superare il 30%, in linea con la media Ue.
L’Europa conferma la tendenza riscontrata in Italia anche rispetto allo studio e alla formazione: nel 2004 quasi 8 donne su dieci tra i 20 e i 24 anni avevano ultimato almeno la scuola secondaria superiore mentre neppure tre quarti degli uomini ha fatto lo stesso. Donne piu’ numerose e con voti migliori negli atenei di tutta l’Ue, eppure – prosegue il rapporto – gli scarti salariali continuano ad essere ”inaccettabili e nessun segno evidente di riduzione del gap e’ stato osservato”. In media, infatti, la busta paga di una donna e’ piu’ ”leggera” del 15% rispetto a quella dell’uomo e anche questo contribuisce a esporla al rischio di poverta’ nel corso della sua vita. La ”fotografia” delle disparita’ non puo’ che lasciar perplessi. Le pari opportunita’ – ricorda Bruxelles – sono essenziali per risolvere i problemi del mercato europeo del lavoro e centrare gli obiettivi di crescita e competitivita’ dell’agenda di Lisbona.

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