Ferdinando Orefice
Selezione dalla raccolta
Edizioni ilmiolibro.it, 2012
Prefazione
L’arte legata ai sensi è per sua stessa definizione un insieme di componenti emozionali amalgamate nella sfera della creazione. Viaggiatori del tempo ed esploratori dell’imperscrutabile, ci lasciamo catturare dalla conoscenza e dalle mille sfaccettature percettive con cui l’arte ci consente l’esplorazione del mistero umano. La poesia consente al caleidoscopio emotivo dell’autore e del fruitore di mettersi in sintonia, di colloquiare con la chiave della semplicità. Una crosta, quella della semplicità, che racchiude un cuore che non è mai facile percepire con leggerezza. L’amore. Una parola mai citata con la lettera maiuscola da Ferdinando Orefice. Un concetto mai citato con la lettera maiuscola. Lo sussurra l’amore, Orefice. Lo racconta in gesti di quotidianità, con storie di vita che tutti, prima o poi, possono dire di aver vissuto. Scrive poesia e di poesia e lo fa con la naturalezza e l’impeto di chi vuole comunicare, di chi ha bisogno di condividere lo stupore e il tormento interiore. Rime per raccontare un oggi metatemporale e metafisico con uno sguardo sgranato, sorpreso, quasi incantato. Parla di sentimenti e con “Sentimento”, una delle poche parole scritte con la lettera maiuscola. Parole come “Sole” o “Luna” o tutto quanto demandi a elementi naturali. A quello che, nel profondo della sua anima, significa condividere l’anima di tutti. Storie di amore e di abbandono, ma anche storie di speranza e di rinascita. Storie racchiuse in una griglia ritmica di versi, quasi musicale. Nessun ermetismo, niente discorsi in sospeso. Nessuna chiave da trovare e nessun lucchetto da aprire. Nessun codice, se non quello universalmente intellegibile dell’animo umano quando è proteso verso un’altra persona. Quella che perde l’indeterminatezza e diventa ‘l’altra’ persona. Visioni oniriche dal taglio quasi epico in cui pare d’improvviso quasi spuntino cavalieri e damigelle da salvare. Così come quelle che non vogliono essere salvate. E poi la donna. La figura femminile tratteggiata appena in chiaroscuro in alcuni punti e scucchiaiata di colori in altre ispirate quartine. Una donna che viene raccontata o, meglio, cantata nella sua “regalità”; vista come ineluttabile paradigma della perfezione. Come fine ultimo e unico da perseguire. Ragione e senso dell’intera esistenza. E così diventa esponenzialmente forte e profondo il dolore di una perdita, di un abbandono. L’assordante silenzio della solitudine. Versi lineari e contrasti voluti nelle rime di Ferdinando Orefice, ma con un filo rosso che unisce la narrazione e dà a chi legge la sensazione di trovarsi di fronte non a tante gemme, ma a un’unica collana. Una storia dietro l’altra. La seconda che non prescinde dalla prima, ma che non potrebbe farne a meno. E così chi legge non può non incominciare un viaggio con tutte le sue tappe. Da percorrere, da vivere, tutto d’un fiato. Amore e natura, ragione e istinto primordiale, luci e ombre, origine ed epilogo di vita e pretesto di esistenza. Mari in burrasca e vele che quasi si strappano e alberi che quasi si spezzano. Ma la nave dell’amore riesce a resistere come un paradigma salvifico a fronte delle avversità dell’imponderabile. Nei versi di Orefice anche i colori si trasformano e diventano senso, concetto e simbolo. Passione e gelosia. Morbosità e speranza. Candore e promessa. O semplice, naturale e ineluttabile bellezza. L’autore ha a sua disposizione gli strumenti di noi tutti e mostra di sceglierli, di volerli. Filtrandoli tuttavia attraverso un animo che è spugna di tormenti e diaframma di percezioni dai toni acuti, stridenti, penetranti. Racconta le storie di chi quelle storie le ha già vissute. Racconta il lato onirico e immaginifico di chi in quelle storie vorrebbe imbattersi prima possibile. Racconta di sé e di tutti, in un flusso continuo di sensazioni pure. Sé e altro da sé. Voce solista e coro, canta d’amore e di passioni. Attraverso la semplicità, la schiettezza del quotidiano. Attento recettore di quanto accade attorno a noi. Efficace e puntuativo amplificatore di quanto si manifesta dentro di noi. “Era un uomo che conosceva le lingue e scriveva versi. Si guadagnò il pane e il vino mettendo le parole nel posto delle parole, scrisse versi come i versi si devono scrivere, come se fosse la prima volta. Iniziò chiamandosi Fernando. persona come tutti”, scrisse José Saramago nella sua prefazione al libro ‘Poesie’ di Fernando Pessoa. La chiave della semplicità e della purezza d’intenti è senza luogo né tempo.
Gennaro Scala
“17 poesie in barba alla scaramanzia?
Forse meglio 18…
Dedicato alla mia amata, Stefania Ricci”
L’omaggio della Luna
Alzo gli occhi al cielo e mi fermo ad ammirarlo…
Resto estasiato dinanzi alla sua maestosità
e mentre il mio sguardo cala,
mi soffermo sul tramonto
che di rosso tinge l’atmosfera…
Il Sole saluta coi suoi raggi la Luna
che a poco, a poco si fa spazio tra le stelle,
che la aspettavano, come una corte la Regina.
Il mare è pronto a vestirsi da notte
ed a dipingere su se la via della Luna,
attorno alla quale luccicano i riflessi delle stelle,
che ammirano esterrefatte lo spettacolo…
Lo spettacolo della luce del tramonto,
che irradia il tuo viso e dei tuoi occhi luccicanti.
Occhi smeraldo che il mare ammira
e nei quali la Luna ama brillare…
Il firmamento fa spazio alla regina Luna,
assieme alla quale rende omaggio a te principessa…
Principessa dell’universo intero,
la cui bellezza il mio cuore non può non decantare…
Cosa vuol dire davvero amarti
Sono qui dietro una finestra,
disteso sul mio letto,
dal quale alzo lo sguardo
per vedere i raggi del Sole,
irradiare il mio viso
passando attraverso i rami
e le foglie di questo cipresso…
Nei miei occhi, però,
c’è altro…
Quei raggi di Sole non possono,
non potranno mai distogliere il mio sguardo da te…
Non ci sei, ma io ti vedo…
I miei pensieri si rincorrono
e tutti si dirigono verso un solo ricordo…
Il tuo…
Mai, forse, capirai cosa sto provando…
Tu, che hai deciso di non darmi ascolto.
Mai saprai cosa vuol dire soffrire così,
essendo colpevole di aver amato troppo,
ma senza mai dimostrarlo abbastanza…
Sono tanti i miei rimorsi
e tanti i miei perché…
Se solo potessi rivederti,
oggi potrei…
Si, potrei dirti e dimostrati
cosa vuol dire davvero amarti…
La paura del silenzio
Sei in silenzio,
ma io mio malgrado riesco a capire…
Ascolto il tuo non parlare
e leggo tra le righe
di quello che non scrivi…
Il tuo è sesto senso,
il mio intuito da innamorato…
So cosa hai
e quello che, forse, pensi,
anche se non me lo dirai mai…
Sono tanti i momenti in cui ti chiudi
e, probabilmente, ti riunisci col cuore e con l’anima,
assieme ai quali valuti quello che era, che è e che sarà…
Alla fine, però, rompi quel silenzio sorprendendomi…
Riesci a guardami con quegli occhi lucenti,
con i quali mi sorridi
e poi proferisci solo due parole,
che mandano via da me ogni preoccupazione,
perché mi guardi e, dopo avermi stretto forte a te,
mi sussurri dolcemente: “ti amo…”
I colori di cui ti vesti
Nelle notti passate con me
hai amato vestirti col rosso della passione…
Della passione del nostro intenso amore…
Un amore inebriante,
che poco spazio lasciava alla ragione…
Nelle lunghe passeggiate, invece,
ti sei spesso vestita di giallo,
quel giallo geloso, quasi morboso
che io amavo…
Adoravo vederti indossare quel colore…
Eri disarmante, però,
quando d’improvviso ti vestivi di rosa.
Quel rosa che narrava
ai più e non solo a me
la tua innata bellezza…
I miei occhi mai hanno visto un simile splendore.
Incantevoli erano i tuoi occhi,
soave il tuo corpo,
meraviglioso il tuo viso,
sul quale sembrava essersi posata la mano di un pittore,
che, con la sua arte,
era riuscito ad esprimere il massimo concetto di bellezza.
E nei miei occhi si accendeva il verde…
Quel verde partorito dalla speranza di non perderti mai
e di vederti un giorno vestita di bianco.
Di quel bianco candore, che vorrei vederti addosso,
mentre ci giuriamo eterno amore…
Il tutto davanti al Creatore di questo immenso cielo blu,
che ci veste e riveste di serenità,
mentre assieme ci perdiamo guardandolo…
Guardandolo perdersi sull’orizzonte
nel azzurro del suo amico mare…
L’ingranaggio si è rotto
Sono qui per strada
dove gente distratta,
distratta dalla vita,
mi passa accanto e non vede…
Nessuno si accorge del mio dolore…
Mi scorrono davanti
quasi fossero immagini di un film…
Il film della mia vita…
Li sento, li vedo,
ma non posso loro parlare…
Raccontare del mio dolore
Eppure io sono qui…
Mi trovo proprio dove passano loro,
potrei raccontare tutto sfogandomi,
ma nessuno capirebbe…
Nella mia mente c’è tanta confusione,
tanta da indurmi a voler correre,
correre per sentire il vento addosso
per ricordarmi della libertà,
dell’essenza della vita…
Vorrei urlare, gridare
e guardare verso l’alto
cercando quel Dio,
che ho tanto amato…
Oggi, però, sono confuso,
sono in balia del mondo,
che gira a prescindere da me…
Io ora sono fermo
ed osservo tutto…
Tutto quello che attorno mi gira…
niente si ferma,
tranne quando succede come a me…
Ogni uomo è, felicemente,
coinvolto nella monotonia dei suoi giorni,
che scorrono uguali e senza distrazioni,
poi, però, in questa sorta di ingranaggio
qualcosa si rompe
e il tutto non gira più…
Ed ecco che l’uomo si ferma…
Io non riesco a reagire…
Non riesco a pensare…
Vorrei solo gridare…
Perché mai nella monotonia dei mie giorni
avrei pensato che un giorno non ci saresti più stata…
Perdonami…
Le mie ultime parole sarebbero dovute essere altre,
avrei dovuto dirti: “Amore ti amo…”
Mai potrò scordati…
E mai ripeterò lo stesso sbaglio,
perché vivrò i miei giorni
lontano dalla monotonia…
Questa vita è beffarda
e mai dirà quello che sta per fare…
Da oggi io sarò una persona diversa,
un uomo nuovo,
che nel suo cuore, però,
avrà sempre un solo ricordo: il tuo…
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