La morte prematura di Albert Camus gli ha impedito di portare a termine la sua autobiografia (1), ma la fisionomia dell’opera è così nitidamente tratteggiata che la presunzione di un bilancio non è arbitraria. Nella sua ultima opera le intenzioni dell’autore sono evidenti: Albert Camus vuole ricreare la storia della sua famiglia attraverso diverse tappe: l’emigrazione dei suoi genitori, la morte di suo padre, la sua infanzia algerina, la sua formazione culturale, la sua maturità. Tuttavia questa biografia è quella di un artista, cioè quella di un uomo dotato di grande sensibilità ed immaginazione, oltre che di intelligenza. Il vagabondaggio della memoria sulla scia di impressioni, sensazioni, ricordi, si traduce, in arte, nella creazione di immagini simboliche. Questo libro fa parte di un piano prestabilito: deve esprimere l’essenza, l’io profondo dell’autore e dell’uomo, in quella perenne identificazione che l’uomo e lo scrittore cercavano. Questa essenza è raffigurata dalla terra africana e dalla madre.
Questi temi costituiscono una costante nella produzione camusiana, ma, anteriormente a quest’opera, erano sempre espressi in un rapporto ambiguo di rigetto/accettazione. Nell’ultima opera il consenso è totale: l’uomo e lo scrittore lo realizzano in forma romanzesca: il piccolo Jacques, il bambino protagonista del romanzo, si vergogna della professione della madre, che è una domestica. Nel corso della cerimonia della distribuzione dei premi, al Liceo, l’adolescente Jacques è imbarazzato dal foulard nero, di foggia spagnola, che la madre indossa. Nella sua maturità, tuttavia, quando ritorna a casa, il suo atteggiamento è diverso. Capisce che la povertà può essere un’ingiustizia, ma, talvolta può essere anche una scelta. “In fondo si tratta di essere semplici e umani”, come l’autore stesso aveva affermato in un’altra opera.
Questa donna spenta,senza progetti ,silenziosa, è una specie di Sisifo (2) al femminile. Un Sisifo calmo, educato, tollerante, passivo, ma FORTE!
Catherine Cormery, la protagonista del romanzo, accetta tutto: morte, dolore, povertà. Questo personaggio è l’emblema della vita, questa realtà misteriosa, inattingibile:

“La guardava.Tutto era fermo come quando, durante la proiezione di un film, scompare l’immagine per un guasto tecnico e si sente solo l’avvolgimento meccanico davanti allo schermo vuoto.” (3)

Analogamente, l’Africa spiega i desideri, le aspirazioni del protagonista/autore e nutre i suoi sentimenti di amicizia con il popolo arabo:

“Attorno a lui questo popolo attraente ed inquietante, vicino e diviso, che si incontrava di giorno e talvolta nasceva l’amicizia ed il cameratismo e, venuta la sera, si ritirava in case sconosciute, dove non si entrava mai, barricati con le loro donne che non si vedevano mai…” (4)

Questo romanzo della maturità è frutto di una riflessione lucida, che illumina l’esperienza, le permette di superare i limiti spazio-temporali e di assumere una portata universale. La condizione di questo pellegrino dello spirito ingloba l’umanità intera nel suo cammino ininterrotto dalla vita alla morte, con la creazione di immagini sublimi.
Sin dall’inizio la descrizione del cielo coperto di nuvole spinte dal vento fa prevedere la portata simbolica dell’opera. Albert Camus, creatore di miti sempre, ma più che mai in questo suo testamento, salda un debito con la madre. Le dedica l’opera: “A te che non leggerai mai questo libro”, si legge nel frontespizio. L’uomo aveva lottato, rifiutato la povertà, l’ignoranza, il mutismo dei poveri, si era ribellato. Ora comprende che la vera sofferenza non ha parole. Questo nuovo Adamo accetta il suo destino d’uomo, ed è una donna a dargli l’esempio.

Antonia Chimenti, Toronto 5 gennaio 2006
(C)Antonia Chimenti

(1) Cfr.intervento: Il primo uomo
(2) Eroe greco,condannato da Giove a spingere in eterno su per il pendio di una col lina un enorme sasso che, giunto in cima, precipitava sempre a valle.
(3) P.H.,p.309
(4) ibid.,p.49

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