Camminando per le strade dei centri storici mi è capitato spesso di fare caso a quelle macchie in rilievo, di dimensioni variabili, incollate sui marciapiedi come sigilli di maleducazione. Non che passeggiando in città si cammini sempre occhi a terra, ma quegli sgradevoli pois attirano l’attenzione: di chi se li trova appiccicati alla suola delle scarpe, ma anche di chi ha a cuore un ambiente meno sporco e meno inquinato. Non bastano le cartacce e i mozziconi di sigaretta: sembra che anche le chewing gum non siano compatibili con persone educate che hanno cara la sostenibilità. Chi le mastica con la bocca spalancata, accompagnandone i movimenti con versi disarticolati e biascicando sillabe sconnesse tra uno spostamento e l’altro; chi le attacca sotto le sedie delle scuole, sui bordi dei banchi o delle pensiline d’attesa nelle stazioni; chi le lascia appallottolate fredde e grigie nei posacenere sui tavoli di bar e locali. Insomma, la gomma da masticare va spesso a braccetto con uno scarso rispetto per gli altri e per l’ambiente. Lungi da noi indugiare in moralismi sulle buone norme dello stare in società – norme forse desuete alle orecchie e alle abitudini di molti in questi anni di anarchia del galateo -, soffermiamoci invece sull’impatto ambientale delle contrastate gomme.
Perché in effetti le chewing gum, alimenti dalla storia antica e prevalentemente americana, sono per lo più composte da gomme sintetiche (polyisobutilene) e impiegano all’incirca 5 anni prima di decomporsi. Se tra le altre cose riducono fame e stress, favoriscono la digestione e rinfrescano l’alito in assenza di spazzolino per i denti, non possiamo esimerci dal sottolineare che i tempi di biodegradabilità di questo passatempo sono impegnativi, soprattutto alla luce della naturale umana vocazione a sbarazzarsene liberamente abbandonandola ovunque ci si trovi.
Su questa cattiva abitudine si innesta lo sforzo imprenditoriale di Chizca, azienda messicana che ha scelto di produrre chewing gum secondo la classica ricetta Maya delle chicle… E non chewing gum qualsiasi, ma vere e proprie gomme da masticare biodegradabili. Un composto di gomme naturali, cere, dolcificanti biologici (tra i quali il prezioso sciroppo d’agave, che ha un bassissimo indice glicemico) e aromi naturali viene pressato in piccole strisce di chewing gum che si spezzano a quadratini. E contengono ben il 40% di gomma, percentuale significativa se pensiamo che le più comuni gomme da masticare – se ne contengono – non arrivano al 5%, mentre sono invece ricche di polimeri derivati dal petrolio, ovvero… di plastica. Come in tutte le cose, quanto più naturali sono tanto meno sono destinate a durare in eterno: quindi dalle gomme Chizca non aspettatevi un aroma persistente da mattina a sera, sarebbe un controsenso. Aspettatevi però un gusto genuino, che profuma di spezie e frutti e godetevi la consistenza che potrete provare solo masticando gomma e non plastica.
Il vantaggio più grande delle chicle di Chizca è, come si diceva, la loro biodegradabilità (nel giro di poche settimane saranno diventate polvere) ma non è l’unico. In qualche modo la loro produzione si inserisce nel ciclo delle foreste pluviali, che naturalmente producono e riciclano carbonio a livello atmosferico. I giganti alberi di Chicozapote (Manilkara zapota) catturano anidride carbonica, trasformandola in sostanze liquide e solide all’interno della pianta, dal legno alla linfa al lattice, composto prevalentemente d’acqua (dal 50 al 70% a seconda del periodo dell’anno) e da altre componenti solide come le proteine, i carboidrati, i grassi e gli aminoacidi. In ogni caso la porzione maggiore di elementi solidi è costituita da polisopreni; a differenza degli isopreni, naturalmente presenti in piante e animali, i polisopreni hanno, diciamo così, una marcia in più: sono elastomeri, ovvero elementi chimici la cui struttura rende estremamente elastici. E’ proprio questa loro proprietà che rende la gomma da lattice così versatile e diffusa nei suoi numerosi impieghi. La differenza del cosiddetto albero di chicle è che appartiene a quelle rare specie di alberi che sintetizzano i polisopreni in quella che viene chiamata “transfigurazione” e che, in questo specifico caso, producono una sostanza atossica, idrofila e non vulcanizzabile, caratteristica che, suo malgrado, fece la fortuna di Thomas Adams a metà del 1800.
Niente polimeri dunque a combinarsi in perfetta sintonia con asfalti e pavimentazioni restandoci incollati per anni, ma solamente una virtuosa ed innocua gomma idrosolubile. Com’è ovvio, lo scopo di questo articolo non è certo quello di invitare all’acquisto di gomme biodegradabili per poterle gettare ovunque senza ritegno, alimentando sgradevoli usanze urbane; in ogni caso potremmo comunque dire che Chizca è una gomma che “viene dalla terra e alla terra ritorna”, nel senso più autentico, pulito e rispettoso del termine. (19 Maggio 2016)
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