Monsignor Angelo Roncalli, allora nunzio apostolico di Parigi, poi Papa Giovanni XXIII, disse di lei:
“La ricordo con simpatia, anche se mi sembrò di trovarmi di fronte ad una personalità molto complessa che però a prima vista poteva apparire semplice”.
Stava parlando di Eva Duarte Peròn.
Evita, come è ricordata nella sua terra: l’Argentina.
Una donna, sul cui modo di agire e vivere si è detto molto; in positivo e negativo, senza dubbio, anche se, a mio modesto avviso, forse non è stato mai possibile leggere la verità più intrinseca in quel suo modo, così sconcertante, di relazionarsi col mondo.
Non furono i suoi natali, pure molto nebulosi, (era figlia illegittima) a far parlare di lei; quanto il suo smisurato senso d’arrivismo, che la portò a compiere una vera e propria scalata al potere avvalendosi, molto spesso, d’espedienti indignitosi.
Fece uso improprio e smodato della sua femminilità; desiderava essere ricca e ci riuscì.
Quando Peròn, ne fece la sua amante forse aveva già compreso quanto quella donna, all’apparenza fragile e minuta, avrebbe potuto agevolarlo nell’ammansire un Paese che non lo amava.
Eva Duarte lo aiutò ad insediarsi nella “Casa Rosada” ed il 22 ottobre del 1945 ne divenne “la primera senòra”.
Di qui, la vera e propria ascesa. Finalmente il suo sogno era realtà: la figlia della cuoca aveva ora trovata quella dimensione che da sempre aveva desiderato le appartenesse.
Maria Eva Duarte de Peròn, elargì a piene mani al suo popolo, tra i diseredati soprattutto, la sua presenza e la sua magnanimità.
Se è vero che amava ricoprirsi di gioielli, che è memorabile il suo indossare pellicce di ermellino anche in città europee sia pure d’estate, lo è altrettanto l’asserire che i vecchi, in quel periodo, conobbero una stagione delle più serene che, in quel Paese, sia possibile ricordare.
I poveri ebbero le case che sempre avevano desiderato, insieme alla consapevolezza che per ognuno di loro c’era lo sguardo e l’attenzione della “Senora de todos”.
Quando, la domenica mattina, lei si affacciava al balcone della Casa Rosada, era un tripudio d’acclamazioni e consensi.
Preferì non allontanarsi dalla sua gente neppure quando i medici, diagnosticandole un cancro, la supplicarono di farli intervenire chirurgicamente; non li ascoltò ed in pochi mesi, si ritrovò ad essere ormai l’ombra di se stessa.
E’ risaputo che sola, senza il conforto di Peron che amava, com’era solito fare, la frequentazione di giovani, allegre adolescenti, lei affrontò il suo male e le sofferenze che ne derivarono.
Da anni ormai, il suo matrimonio era solo un modo di dire; tuttavia anche in questo modo ella parve sentirsene appagata.
Quando morì, nel luglio del 1952 a soli 33 anni, l’Argentina la pianse come si può farlo con una Santa.
La madre dei Descamisados e delle cabecitas negras, non c’era più.
Nessuno, credo, potrà aver mai asserito di comprendere fino in fondo, l’ecletticità di questa donna, la cui vita fu intrisa di bene e male.
Chi fu davvero Eva Peròn?
L’adolescente senza scrupoli, la ragazza immorale che calpestò la sua dignità per il potere e la ricchezza… o colei che sacrificò il suo perbenismo per arricchirsi e poter dare a chi ne aveva bisogno, aiuto e conforto?
Certamente è stata una donna che con forza e tenacia, ha vissuto e speso i suoi anni.
Una gioventù rapita dalla morte quando dalla vita, però, aveva avuto tutto quello che fortemente aveva desiderato: onori, fama, gloria e soprattutto ricchezza.
Una cosa è oltremodo certa; lei si è consegnata alla storia del suo paese come un esempio di bontà e coraggio.
Chiudo gli occhi nel sole dell’estate
ma ti lascio il mio cuore Terra mia.
Un afflato per sempre rinnovato
dal vostro amore in questa notte mia!
Sembrò questo il suo testamento spirituale:tutta l’Argentina ancora la piange!
Nadia Angelini
Commenti