“In che cosa credi, allora?
Nell’ idea incorruttibile del Bene.
In una poetica che proclami il proprio dissenso”.
Più chiaro di così: ce lo dice lei stessa in apertura di catalogo (La rivoluzione degli eucalipti, Disvelare, 2021) di cosa si tratta. Si tratta di devozione. Quella di Nina Maroccolo per gli eucalipti è un’adesione totale, formale e spirituale. Lei gli eucalipti non li guarda di sfuggita, passando in fretta, li ha vissuti, seguendone i cambiamenti, i linguaggi, un sentire straordinariamente rivelatorio. È la stessa devozione che si potrebbe avere per un figlio che si spia nella culla, facendo attenzione ad ogni minima variazione di peso, di altezza o di umore!
Pensando all’Arte di Nina, si pensa alla land art, una forma d’arte contemporanea nata negli Stati Uniti d’America tra il 1967 e il 1968, caratterizzata dall’intervento diretto dell’artista sul territorio naturale, specie negli spazi incontaminati come deserti, laghi salati, praterie, mari ecc. Le opere hanno spesso carattere effimero. La land art è nota anche come earth art, earth works («arte della terra», «lavori di terra»), proclama l’abbandono dei mezzi artistici tradizionali (per esempio musei) per un intervento diretto dell’operatore nella natura e sulla natura. In Nina c’è un nuovo diretto rapporto tra arte e vita, l’artista interviene direttamente nello spazio naturalistico, c’è una ricerca en plein air, fuori dagli aspetti asettici dei soliti ambienti espositivi: la natura si fa arte, non c’è traccia d’uomo, non c’è traccia fisica dell’artista, perché l’artista si nasconde e lascia che la Natura crei. Nina non espone sue opere all’interno del boschetto, opere troppo grandi o difficili da trasportare, tanto che la maggior parte di esse viene mostrata solo attraverso fotografie. Nina si indentifica con l’albero, i mutamenti dell’albero sono quelli di Nina e i riti di passaggio dell’albero sono quelli di Nina: Scrivo con gli alberi, assieme a loro. Ecco, è questo “con” che è importante, l’uomo non è al di sopra della natura e la natura non è al di sopra dell’uomo. Non c’è modificazione tecnica dell’Artista, la modificazione è data dalla natura: si veda il ciclo delle Geomanzie. Altrove, l’intervento artistico è maggiormente esplicitato a quattro mani (Nina Maroccolo e Vincenzo Notaro). Dice molto bene Claudio Crescentini nell’introduzione: si tratta di un punto di vista diverso, un’altra ottica di visione…c’è un’altra Nina che vive e crea un mondo parallelo, misterico e poetico, dove l’Arte non incontra la Natura ma viene direttamente creata da questa l’Arte è (ri)creata tramite sé stessa…la Natura si fa arte.
Andare controcorrente. Attratti da un mondo insensato, in una società che divora la vita, il tempo, lo spazio,
Danza
la ciocca
sull’occhio
umiliato:
sull’asfalto (Fausta Le Piane)
Nina ci chiede pazienza e capacità di osservazione. Attesa, anche: Questa forza educatrice simile alla Grazia è anche suono, lo spazio del suono, l’ascolto del silenzio: il suono senza suono pronto a seguire la via della comunicazione, sono parole di Nina. Ci chiede di guardare con occhi nuovi per riappropriarci dei materiali e del tempo della natura. Cosa ci impedisce di accogliere la Natura? Vi esorto ad entrare in un bosco, a passeggiare, a calpestare, calpestare foglie, rami: ora, mi trovo nel boschetto del Santuario delle Tre Fontane, luogo di meditazione di Nina. Sono giorni e giorni che faccio macerare dentro di me una per una le tue pagine, Nina, perché le macerazioni sono necessarie. Ci portano alla comprensione di verità che vorrebbero eguagliare Natura e Uomo. È raro. E non è lieve. Metto ogni pagina nell’acqua…Acqua del fonte battesimale, acqua della fontanella…Acqua della pioggia, perché sto vivendo il boschetto sotto l’acqua come te. Mi inoltro nel boschetto sacro di eucalipti della Grotta delle Tre Fontane e mi lascio alle spalle la città. Ora sono nel mondo della Natura, in un tempio:
Corrispondenze
Un tempio è la Natura, dove colonne vive
Emettono talvolta oscure sillabe;
E l’uomo vi si aggira in un bosco di simboli
Che aprono su di lui pupille amiche.
Come echi prolungati che lungi si confondono
In una tenebrosa e profonda unità,
Ampia come la notte o la gran chiarità,
Colori, odori, e suoni si rispondono.
Vi son profumi freschi come carni d’infanti,
Dolci qual suono d’oboe, o verdi come un prato;
Altri invece corrotti, ricchi e trionfanti,
Che sembrano investire di sé tutto il creato:
Come ambra o benzoino, come il muschio e l’incenso,
Che cantano i trasporti dell’anima e del senso. (1)
Cammino lentamente: quanto silenzio! È il preludio di apertura alla rivelazione. Sono pronta! Si apre un passaggio: non sciupiamo questi attimi in bisbigli o rumori inutili. Eccoli gli eucalipti, grandi e maestosi, che ora ci insegnano a fare la rivoluzione e se la facessi anche io? Se, seguendo le orme dell’eredità lasciatami da te, Nina, mi inoltrassi in un cammino antico ed eterno che ci accomuna tutti ma che finisce poi per essere il mio, soltanto il mio?
Vedo laggiù una sagoma appoggiata al tronco di un eucalipto: è Jack London, dall’aspetto sempre giovane.
-Jack, lo sai che sei il mio idolo? Il mio Maestro? Mio padre mi parlava sempre di te! Hai smesso il tuo vagabondare? La baia di San Francisco, i territori del Grande Nord, i mari del Sud, il Messico, il Giappone, la Polinesia… Ora ti riposi qui tra gli eucalipti? Dove hai lasciato tutte le tue ossessioni? La natura primitiva, anzi preistorica dell’uomo; il conflitto tra gli istinti ferini del corpo e i folli sogni della mente; il presagio della tua fine violenta… Dove hai lasciato i tuoi amici animali? Sempre si impone nella tua scrittura la presenza animale…
–Ehi, mio lupo celeste! Anima libera! Tu hai accompagnato un uomo senza vincoli, senza unità di misura, capace in ogni condizione d’incontrare il suo Angelo…. Tu sei il mio Angelo, il mio amore per-sempre-vivo…Ora vai! Vai!” dice Jack. Poi chiude gli occhi. E furono gli occhi a morire per primi, per serrare il varco alle lacrime.
Zanna Bianca fuggì come il vento.
Scomparve nella tormenta.
Si sciolse.
Jack, mia luce sul cammino della scrittura, come te canto ululando il mio ultimo canto e torno nella tempesta.
- Charles Baudelaire, Les fleurs du mal, Mursia, 1980
Siamo alla barbarie. Dobbiamo rifuggire dall’insensato, dalla guerra, dobbiamo incamminarci per il sentiero tracciato, dobbiamo venerare l’eucalipto e la natura tutta, ribellandoci al potere del denaro per lasciare ai nostri figli un pianeta vivibile. Si legga nel catalogo a tal proposito la storia dell’uomo chiamato Salvatore Lucinio: Salvatore ama le arti, è riservato e gentile. Salvatore scriveva dentro di sé. “La città era costruita sui nostri personali detriti: passione; dolore, invidia, illusioni, malattie. Qualsiasi sentimento-fossile emerso dal profondo, qualora riconosciuto e solo dopo risolto, poteva liberare una persona dalla sofferenza fino allora patita”.
Piove. Mi accorgo di vedere tutto intorno a me come attraverso un telo trasparente di plastica. L’unico rumore – quello della pioggia – mi giunge ovattato. Ora tutto si fa più nitido: sono una goccia d’acqua che saltella dal ramo di un grande eucalipto fin giù giù per il sentiero, rincorrendo le sue sorelle. In sintonia con l’albero mi lascio cullare. Non c’è nessuno, solo qualche cane a passeggio. Il silenzio – religioso – si accosta al raccoglimento della messa che avrà luogo tra poco più in basso.
-Per tutta la vita ho avuto la consapevolezza di altri luoghi e di altre epoche, e ho sempre avvertito la presenza di altre persone che vivevano dentro di me. Devi credermi, futuro lettore. Ritorna con il pensiero alla tua infanzia, e ricorderai questa consapevolezza di cui parlo come una delle esperienze della tua fanciullezza. A quel tempo il tuo pensiero non era ancora ben definito o cristallizzato, ma era materia da forgiare, la tua anima era in divenire, la coscienza e l’identità si stavano ancora formando, in un movimento di memoria e oblio.
Hai dimenticato molte cose, mio lettore, eppure, mentre leggi queste righe, ricordi vagamente l’immagine confusa di altri luoghi e altre epoche percepita dai tuoi occhi di bambino. Oggi ti sembreranno dei sogni. Ma se erano sogni di quel tempo, da dove traevano ispirazione? (2)
Mi accorgo che Jack sta guardando in un’altra direzione, fissa una bambina, seduta ai piedi dell’albero di fronte. Anche io la scorgo, prendo la mia seggiolina di vimini e vado a sedermi vicino a lei. E come se mi guardassi allo specchio: ha i miei stessi occhi scuri e gli stessi capelli castani.
-Ciao! Come ti chiami? Così lo scrivo sul mio quaderno d’appunti.
-. Tutti hanno un nome, il mio è Alessandra…
-Vuoi parlare con me? Non fare la timida.
Allungo una mano per farle una carezza.
-Guarda lassù quante stelle! Io, le ho cercate tutte e le ho contate. Le voglio tutte per me. Piacciono anche a te?
-Sì, dividile con me, ti va? Una a me e una a te, una a me e una a te, una a me e una a te…Aderire a un profluvio di stelle, vere protagoniste del firmamento teatrale.
-Hai visto quanta vastità sopra di noi? Oh! Guarda, oggi piove e tu porti le scarpe della domenica! Si rovineranno…E poi allontanati dall’albero, potresti fargli male…Andiamo a fare una passeggiata.
– Ma no, cosa dici, io amo gli alberi, non gli farei mai male. L’eucalipto rappresenta il canale privilegiato per mantenere intatta la memoria delle piante. Per un umanesimo vegetale da riscrivere
-Nel mio paese ci sono gli ulivi.
È un albero di una grande ricchezza simbolica: pace, fecondità, purificazione, forza, vittoria e ricompensa. In Grecia, era consacrato ad Atena e il primo ulivo, nato da una disputa di Atena con Poseidone, era conservato come un tesoro dietro l’Erechtheion. Sembra che ancora oggi sull’Acropoli siano visibili i suoi discendenti. Partecipa ai valori simbolici attribuiti ad Atena, della quale è l’albero sacro. Secondo una leggenda cinese, il legno d’ulivo ha la capacità di neutralizzare i veleni: cosa che gli conferisce un valore tutelare. Nelle tradizioni giudaiche e cristiane, l’ulivo è simbolo di pace: è un ramo d’ulivo che la colomba portò a Noè alla fine del diluvio. La croce di Cristo, secondo un’antica leggenda, era fatta di ulivo e di cedro.
-Vedi? Anche l’ulivo, come l’eucalipto, è l’albero della protezione, anche lui sempreverde. Tutti gli alberi sono fratelli tra loro. Gli eucalipti, e tutti gli altri alberi, vegliano su di noi. Ci sostengono fin dove possono. Ci ricordano di abbandonare ciò che credevamo essere. ESSERE SOLTANTO CIO’ CHE SI È.
-Sai che sono sempre di più i ragazzi che tornano a vivere in campagna e lasciano le città? Sono sempre più i giovani imprenditori in agricoltura? Soprattutto dopo il COVID. C’è speranza!
–L’uomo, considerato nella sua individualità, non ha fatto progressi morali negli ultimi diecimila anni. Lo affermo con certezza. Come la differenza tra il puledro selvatico e il cavallo da tiro dipende solo dal modo in cui sono stati allevati, così, anche per l’uomo, l’unica differenza morale tra quello di diecimila anni fa, risiede nella educazione. Sotto quel velo sottile di moralità che l’uomo di oggi si è messo addosso, c’è lo stesso selvaggio di diecimila anni fa (3),
Cara Nina, tu sei entrata nella mia memoria ed io ho depositato la mia nella tua. Mi hai passato il testimone: di pace, amore, rispetto per ogni essere vivente, lotta per proteggere il nostro pianeta sofferente…Affinché non sia l’Apocalisse.
- Jack London, Il viaggiatore delle stelle, Librerie Arion, 1997
- Jack London, op. cit., pp. 483-484
Fausta Genziana Le Piane
Commenti