di Paola Dei
Il Palazzo dei Congressi ospitato nell’ottocentesca Villa Vittoria di Firenze è gremito di giovani per uno degli incontri del Progetto Galileo, promosso dalla Regione Toscana. Sono stati scelti fra i vari Istituti Scolastici della Toscana per prendere parte a quest’evento indimenticabile e rappresentare le loro Scuole.
Presenta Livia Azzariti ed io sono fra gli ospiti invitati che hanno fatto parte dello stesso progetto come relatrice negli Istituti Scolastici per un’altra tematica relativa alla prevenzione, ma soprattutto ci sono con una curiosità tutta nuova di conoscere quel simbolo di presenza femminile che ha contribuito a segnare una svolta epocale nella scienza al femminile, dedicando tutta la vita alla ricerca.
É il 18 aprile del 2009 e gli occhi sognanti di tutti i ragazzi sono puntati sul palcoscenico nel punto in cui si siederà l’astrofisica Margherita Hack, fiorentina di nascita, triestina di adozione per le innumerevoli cariche che ha svolto nella città istriana, sua seconda patria.
Uno scroscio di applausi accompagna il suo ingresso e un brivido attraversa l’ambiente mentre lei, sorridente e unica, si siede ed inizia a raccontarci di sé con il suo inconfondibile accento toscano e gli occhi vivi come quelli di una ragazzina. Bastano poche parole per mettere in luce la sua intelligenza e la sua creatività mentre ci illustra le bellezze del cosmo. Non c’è un momento in cui il suo racconto o le sue frasi risultino velati di ombre o incomprensioni, lei ha avuto la forza di vivere il sogno della sua vita, è riuscita ad imprimere alla sua storia un senso completamente diverso da quello che aveva intrapreso, l’immagine di un femminile che non ha avuto paura di compiere il proprio percorso, simbolo della libertà di pensiero; un grande insegnamento per i ragazzi presenti che estasiati da tanta rigorosità unita alla fantasia sembrano immersi in una cerimonia di iniziazione verso i misteri dell’Universo.
Margherita Hack ci racconta di essere stata studentessa al Liceo Classico Galilei di Firenze e poi di essersi iscritta all’Università delle “belle lettere” dove, dopo solo un’ora di lezione decise che quegli studi non facevano per lei e si iscrisse a Fisica.
Il racconto dei suoi esordi è affascinante e ci permette di conoscere l’immenso patrimonio di risorse custodite nel suo mondo interiore e le straordinarie potenzialità dei suoi talenti nonostante l’età avanzata.
I ragazzi inneggiano alla sua semplicità disarmante e all’immediatezza nell’esporre i concetti, io, in una sorta di regressione creativa, ricerco nella mia vita i momenti in cui, da studentessa, mi annoiavo durante alcune lezioni e disegnavo le stelle su fogli di quaderno. Lei prosegue fra le ovazioni dei giovani presenti ed io mi accorgo che la mia curiosità verso le stelle e le meraviglie del cielo aumenta in maniera esponenziale. Rivedo nella mia mente film come Contact con Jody Foster e penso ai miei genitori, forse anche loro diventati stelle. Mi risuona nelle orecchie la frase di una bellissima canzone di Lucio Dalla: “… il cielo… la terra finisce e là comincia il cielo…”, ripenso al “Guardastelle” di Bungaro, un’altro cantante che ha inneggiato al cielo e sorrido al ricordo dell’acchiappastelle, il personaggio di un mio libro dedicato ai bambini dell’Ospedale Meyer di Firenze, che con la retina cercava di acciuffare la scia luminosa del cielo. Poi mi vedo all’Università di Trieste con gli occhi a metà fra cielo e mare e penso che per un piccolo, brevissimo momento, il mio cammino ha seguito quello della “Signora delle stelle”.
Mi scuoto dai miei pensieri, Margherita Hack oltre ad aver evocato immagini indelebili impresse nella mente come incisioni di un artista, trasmette la materia che l’aveva tolta dalla noia molti anni prima, come se fosse viva e ci nutre dei riflessi dorati e argentati della via lattea, ci parla del Big Ben, dei buchi neri, ma soprattutto trasmette una passione che non è mai invecchiata lasciando trasparire le emozioni di quando era ragazzina mentre un messaggio d’amore per la vita s’insinua fra le sua parole mettendo in evidenza il suo vero e fantastico talento.
Al termine della sua prolusione, incantata mi alzo e dalla platea mi dirigo verso il palcoscenico per andare a salutare la “Signora delle stelle” sentendo ancora nelle orecchie la sua frase: “…sono una Toscanaccia come voi!”
Mentre stringo la mano all’astrofisica, felice di aver spartito con lei un momento di vita professionale e privata, le dico che anch’io amo Trieste e l’ho scelta come città dove sostenere l’Esame di Stato per l’Abilitazione all’esercizio della professione di psicologo affascinata dagli studi di Gaetano Kanizsa triestino doc, che nel suo percorso accademico, prima di tornare ad insegnare a Trieste, ebbe a che fare con l’Università di Firenze e intrecciò la vita di Paolo Legrenzi anch’egli con un legame fra Trieste e Pisa, fra la città istriana e i “toscanacci”, lei sorride schietta e ci lasciamo con la promessa di rivederci in mezzo alle ovazioni dei ragazzi rapiti dai misteri delle galassie.
Prima di andarmene la osservo da lontano, sembra una ragazzina fra i ragazzi e discute con loro con semplicità senza mai essere banale o scontata.
… Anni dopo, nel 2013, attraverso un comune amico triestino, l’ho ricercata per avere un suo contributo nel testo che insieme al MIBACT, all’AGIScuola, a CONSCom, a Verdissime.com, a Pupi Avati, Oriella Dorella, Massimo Ghini, Giancarlo Giannini, Massimo Ranieri, Franca Valeri, Lina Wertmuller e molte altre personalità del mondo dell’arte e della cultura, abbiamo dedicato a Mariangela Melato, un’altra grande donna del 900, con il sostegno della sorella Anna. In questa situazione lei accolse subito la proposta e ci ringraziò di aver pensato a coinvolgerla dicendo che si sarebbe recata in ospedale per un controllo a causa del cuore ma che al suo rientro avrebbe senz’altro scritto un contributo sulla grande attrice. Fummo entusiasti della sua partecipazione, certi che ci avrebbe regalato riflessioni originali e indimenticabili.
Purtroppo giorni dopo appresi la notizia della sua dipartita dalla TV!
La signora delle stelle si era trasformata in una stella e forse con quel suo inconfondibile accento da toscanaccia ci stava salutando: “Oh grulli, ‘un sono morta. Sono semplicemente arrivata a ‘asa mia, fra le stelle!” a coronamento di quella che lei stessa aveva definito “Una vita fra le stelle”, come il titolo del libro che presentò quel giorno del 2009 rimasto indelebile nella mia mente, quando feci appena in tempo a dirle che anch’io ero una “toscanaccia” con Trieste nel cuore.
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