Sarebbe bello se nella pioggia di parole sul tema della violenza sulle donne ci fosse stata qualche considerazione su come (anche noi mamme) educhiamo i maschi fin da quando sono bambini.
E’ bastato questo post su Facebook a scatenare commenti, confessioni, racconti, un dialogo a distanza fra padri e madri, mogli e mariti, esseri umani che da sponde (a volte) opposte tentano di capirsi. “Io ho iniziato a lavare i piatti in casa e a collaborare con le pulizie sin da giovanissima – scrive Marina – i miei fratelli maschi no perchè erano maschi. Io non avevo il permesso di uscire la sera con i compagni di scuola media che andavano a mangiare la pizza, i miei fratelli si perchè erano maschi. Senza dimenticare l’assistenza alla nonna non autosufficiente che viveva in casa con noi”. E ancora: “Mia suocera ha tirato su mio marito facendogli credere di essere un Principe, il più bello e il più forte di tutti, e ora lui si aspetta di essere adorato, guai a metterlo in discussione. Se lo faccio lui si adombra, mi aggredisce, e naturalmente mia suocera gli fa pensare che io non lo merito”. Tenera la confessione di un marito che ammette che il rapporto con sua moglie è degenerato sconfinando nella violenza (verbale) e fa risalire tutto a quando sono nati i figli: la mamma si concentra sui neonati e noi uomini -dice- non sopportiamo di essere esclusi. Sintetizzando moltissimo: gli interventi femminili hanno in comune la rabbia contro il modo in cui sono stati educati i maschi (salvo poi ripercorrere la stessa strada una volta diventate mamme), mentre gli uomini chiedono più comprensione, dolcezza, considerazione (altrimenti si arrabbiano). Tutti prigionieri, comunque, di un mandato (o di un esempio) che viene da lontano: le donne devono accogliere e sopportare il più possibile. E i maschi devono fare i maschi, anche quando avrebbero voglia di coccole o di piangere un po’.
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