Roma, 25 nov. (Adnkronos) – Un quadro giuridico unico contro la violenza sulle donne per Paesi diversi, la raccolta e la diffusione di dati sui casi emersi, l’impegno a cancellare l’utilizzo di cultura, usi, costumi, religione, tradizione o del cosiddetto ‘onore’ per giustificarla: identiche procedure e strumenti dall’Italia, dove solo dall’inizio dell’anno sono state uccise 120 donne, la maggior parte delle quali da compagni, mariti o ex, alla Turchia alla Svezia e l’Albania, e magari anche alla Tunisia e al Brasile.
La Convenzione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, varata dai ministri della giustizia dei Paesi del Consiglio d’Europa nella città turca lo scorso anno, firmata fino a ora da 24 Paesi, fra cui l’Italia, e ratificata da uno solo, la Turchia, potrebbe entrare in vigore ”già entro un anno, un anno e mezzo”, quando ad averla ratificata saranno stati almeno dieci Paesi, come ha spiegato la vice segretaria generale dell’organizzazione, basata a Strasburgo, Gabriella Battaini Dragoni. Gli 81 articoli e i numerosi protocolli allegati della Convenzione proteggono le donne in possesso di una carta d’identità e quelle prive di un documento valido, immigrate o rifugiate, e più in generale i componenti del nucleo familiare, uomini, bambini e anziani, da violenza fisica, psicologica, atti persecutori, violenze e molestie sessuali, matrimonio forzato e mutilazioni genitali femminili, costrizione all’aborto o alla sterilizzazione, considerati come ”gravi violazioni dei diritti umani delle donne e delle ragazze e il principale ostacolo al raggiungimento della parita’ tra i sessi”, come si legge nel preambolo.
”Con l’espressione ‘violenza sulle donne’ si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti,la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che nella vita privata”, recita l’articolo tre della Convenzione, che vieta esplicitamente ”la discriminazione nei confronti della donne anche con l’applicazione di sanzioni”. E’ previsto, oltre all’inserimento di programmi ‘ad hoc’ nelle scuole e alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica, il coordinamento delle politiche e delle misure destinate a prevenire e contrastare la violenza sulle donne, così come la raccolta dei dati, la loro analisi e la loro diffusione, e il sostegno alla ricerca ”su tutte le forme di violenza”, considerate ”al fine di studiarne le cause profonde e gli effetti, la frequenza e le percentuali delle condanne, come pure l’efficacia delle misure adottate”.
Il ministro Elsa Fornero, il Guardasigilli Paola Severino e la sottosegretaria agli Esteri Marta Dassu si sono impegnate, incontrando Battaini Dragoni nei giorni scorsi a Roma, perché l’Italia ratifichi, in tempo per la fine della legislatura, la Convenzione. ”Non è la certezza della ratifica, ma è un impegno forte, preso a livello internazionale, per indicare che si vuole procedere alla ratifica”. E proprio oggi, Giornata internazionale, istituita dalle Nazioni Unite, il ministro del Welfare ha detto di auspicare che la ratifica avvenga “entro fine legislatura”.
La Convenzione di Istanbul è ”il primo trattato internazionale” che affronta il dramma della violenza sulle donne ”con un quadro normativo preciso” e un sistema di monitoraggio stringente sull’attuazione delle disposizioni nei paesi che lo adottano, ha spiegato Battaini Dragoni. ”E’ anche la prima volta che si adotta un approccio completo, che va dalla prevenzione, e in particolare alla formazione di agenti di polizia, magistrati e avvocati, alla protezione delle vittime e alla perseguibilita’ dei responsabili”. ”La convenzione non e’ riservata esclusivamente ai Paesi europei, anche se tutti i paesi membri del Consiglio d’Europa saranno sollecitati a ratificarlo: si sta lavorando perche’ venga adottato dai paesi dell’aerea del Mediterraneo e latino americani, ”per creare uno spazio giuridico inclusivo”

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