Cambiare regole e politiche per garantire cibo sano e salvare il pianeta: lanciato a Roma in occasione della Giornata Internazionale della FAO, il 16 ottobre, il Rapporto globale della società civile sulle violazioni del diritto al cibo
Il Diritto al cibo è un pilastro fondamentale del diritto umano alla vita ma, come hanno denunciato alla FAO oltre 300 rappresentanti di 12 milioni di contadini, pescatori, comunità indigene a Roma per la celebrazione della Giornata mondiale del cibo, che si è tenuta il 16 ottobre, 821 milioni di persone nel 2017 hanno sofferto la fame o l’insicurezza alimentare. I Governi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia, pur essendosi impegnati a raggiungere entro il 2030, tra gli Obiettivi di Sviluppo sostenibile (SDGs), quello della “Fame zero”, in realtà non stanno rispettando questa decisione. Il 2018, infatti, risulta essere il terzo anno consecutivo in cui il numero degli affamati nel mondo è cresciuto: dal 2016, quando se ne registrarono 804 milioni, ce ne sono 13 milioni in più.
Una tendenza negativa che sembra confermata, tanto che il Meccanismo della Società civile (Civil Society Mechanism – CSM), che la rappresenta all’interno del Comitato per la sicurezza alimentare (CFS), non solo indica il diritto umano al cibo come quello più violato al mondo nel 2018, ma denuncia anche un forte peggioramento a causa della restrizione degli spazi democratici e della repressione contro chi tenta di rivendicarlo o farlo rispettare.
Anche in Italia il diritto al cibo non è scontato: nel 2017, 1 milione e 778 mila famiglie (6,9% del totale), di cui fanno parte 5 milioni e 58 mila individui (l’8,4% del totale degli italiani residenti), si trovavano in condizione di povertà assoluta, secondo l’Istat. Due decimi di punto in più rispetto al 2016. Ci sono ancora 768 milioni di persone che non hanno a disposizione una fonte d’acqua potabile sicura e 185 milioni di persone costrette ad abbeverarsi alle fonti di superficie, come fiumi e laghi. Le politiche commerciali promosse in ambito dell’Organizzazione mondiale del Commercio (WTO), ma anche dall’Unione Europea in tutti i suoi trattati bilaterali, in primis il trattato di liberalizzazione commerciale con il Canada (CETA), antepongono gli interessi delle grandi aziende al diritto al cibo, alla salute e alla lotta contro i cambiamenti climatici che aggrava la crisi alimentare.
A 14 anni dall’approvazione in ambito FAO delle Linee guida per il Diritto al Cibo, il CSM (Civil Society Mechanism) ha presentato a Roma un Rapporto di monitoraggio della loro implementazione in tutto il mondo. Anche la società civile italiana vorrebbe portare avanti un’analisi condivisa su cosa succede nel Belpaese: per questo le associazioni italiane che partecipano ai lavori del CFS (Comitato per la sicurezza alimentare), come Action Aid, Terra Nuova, Crocevia, il Forum italiano dei Movimenti per l’acqua e la Campagna Stop TTIP italia con l’associazione Fairwatch e Attac Italia, hanno invitato alcuni rappresentanti dei movimenti per il Diritto al cibo e il Diritto all’acqua pubblica per descrivere i problemi aperti e presentare alcune raccomandazioni emerse nell’ambito del Forum in corso alla FAO.
Ecco dunque le richieste della società civile ai Governi nazionali, in primis il Governo Italiano che ospita a Roma le tre Agenzie Onu dedicate alla tematica: l’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD) e il World Food Programme (WFP):
• Promuovere e rafforzare l’uso e l’applicazione nazionale delle Linee guida per il Diritto al cibo nel contesto di un quadro normativo in aggiornamento, continuando ad attingere e imparare dai successi ottenuti in alcuni Paesi;
• Includere il Diritto al cibo nelle Costituzioni e nella legislazione nazionale, includendo meccanismi di ricorso in caso di violazione dei diritti e ratificare il Protocollo opzionale al Patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali;
• Promuovere e rafforzare la Coerenza delle politiche e assicurare il rispetto delle norme internazionali e dei principi sui diritti umani, compresi i diritti delle donne e dei popoli indigeni;
• Promuovere e rafforzare le piattaforme multi-attore (multistakeholder) a livello nazionale, con la piena e significativa partecipazione delle persone più colpite dalla fame e dalla malnutrizione, inclusi i piccoli produttori, per sviluppare, attuare e monitorare le politiche sul Diritto al cibo.
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