
La                    scorsa primavera Roma è stata lo scenario di due progetti d’arte                    diffusi sul territorio, molto interessanti e alquanto significativi.                    La seconda edizione di Nuova Gestione, mostra disseminata nel                    quartiere di Casal Bertone e Gingko, evento che ha presentato                    diversi artisti in vari spazi del Quadraro; sono state due proposte                    che, come già visto per altri progetti realizzati negli ultimi                    anni, accendono i riflettori su luoghi della città considerati                    periferici geograficamente e sicuramente ai margini degli eventi                    culturali e ricreativi promossi dalla capitale. Bisogna ammettere,                    però, che ormai non è cosa rara leggere di eventi performativi                    o progetti creativi in territori ai limiti del Grande Raccordo.                    Basti solo pensare a Space Metropoliz-MAAM_Museo dell’Altro                    e dell’Altrove, che sta facendo tanto parlare di sé per gli                    artisti che riesce a coinvolgere -volti ormai noti, ma anche                    nuovi giovani nomi- per le collaborazioni con grandi istituzioni                    che ha messo a segno (come Cittadellarte di Michelangelo Pistoletto),                    per un progetto di co-abitazione e collaborazione che ogni giorno                    porta avanti tra i residenti del luogo (per lo più extracomunitari)                    e i creativi che qui realizzano così tante opere da creare una                    collezione a cielo aperto.
 I                    due eventi nominati in apertura sono simili solo apparentemente,                    trattandosi di progetti nati in modo diverso e sviluppatesi                    in tempi e per occasioni differenti. I sei artisti presenti                    negli spazi sfitti (in attesa, appunto, di nuova gestione) nell’isola                    urbana di Casal Bertone, hanno vissuto il quartiere, dialogando                    con i residenti e le associazioni locali prima di realizzare                    ognuno un’opera che fosse una riflessione personale, una lettura                    di episodi storici appartenenti al quartiere popolare romano.                    Passeggiando per queste strade, affidandosi alla mappa che segnala                    i luoghi dove gli artisti hanno realizzato interventi site-specific,                    si ha l’impressione di entrare in un gioco, in cui a partecipare                    sono tutti gli abitanti del quartiere, seguendo le orme lasciate                    in decenni di stratificazione urbana. Se alcuni interventi,                    portano i volti e le storie dall’esterno dentro i piccoli locali                    sfitti, per restituirli filtrati dallo sguardo che l’artista                    vi ha posato, in altri casi le storie vengono dall’interno degli                    edifici, riabilitati per l’occasione e rivestiti di installazioni,                    viene risvegliata la memoria di cosa è accaduto in ognuno di                    questi luoghi.
 Racconta                    Valentina Fiore, una delle curatrici del collettivo promotore                    Sguardo Contemporaneo:
 “Motivi                    pratici logistici e una certa ‘uvidezza degli abitanti locali,                    hanno dettato i tempi di inserimenti e di lavoro nel territorio.                    Anche questa volta, come nella prima edizione nel quartiere                    del Quadraro due anni fa, la fase di studio del sito è stato                    un processo lungo.
 Abbiamo preso i contatti con le associazioni e le persone di                    Casal Bertone quasi un anno prima, ma qui ci sono realtà che,                    nella politica e nella vita sociale, si contrappongono da sempre                    ed è stata una sfida riuscire a muoversi nella tela di rapporti                    qui esistenti”.
Questa                    è stata una delle criticità esterne che ha azionato il progetto,                    funzionando da motore. Tuttavia, continua Valentina:
 “sono                    proprio queste criticità, appartenenti in vario modo al contesto                    urbano, a sollevare nuovi stimoli al confronto, nuovi possibili                    dialoghi e inedite soluzioni pratiche per superarle”.
Gingko,                    sviluppato tra le stradine del Quadraro, nasce invece per iniziativa                    di associazioni del territorio, in occasione dell’anniversario                    della deportazione che attuarono nel quartiere i nazisti nell’Aprile                    del ’44. E’ un progetto che nasce e si sviluppa nello stesso                    quartiere, coinvolgendo artisti che qui risiedono o hanno installato                    lo studio. Valentina Fiore, chiamata a curare la parte critica                    del progetto, pratica già del territorio per precedenti iniziative                    qui realizzate, racconta di come:
 “la                    mostra abbia seguito dinamiche innescate inaspettatamente, dato                    che si trattava di artisti già selezionati e presenti sul posto,                    artisti che vivono la quotidianità del quartiere e si sono mossi                    indipendentemente. Anche l’unico artista ‘esterno’, Gino Piacentini,                    fino all’ultimo non ha chiarito cosa avrebbe realizzato, lasciando                    una certa incertezza, ma trasmettendo stupore e entusiasmo nel                    seguire il suo lavoro che prendeva forma giorno dopo giorno.”
Per                    definire questo progetto artistico, la Fiore sceglie il termine                    “resilienza”, ad evidenziare un atteggiamento che va al di là                    della resistenza, attivando un processo di riflessione e reazione                    in grado di fronteggiare difficoltà e impedimenti. Ecco quindi                    di nuovo una proposta artistica che intende reagire, proporre                    un’alternativa, non soffermandosi unicamente in un’area estetico-culturale,                    ma spingendosi, ora più che mai, nei contesti sociali, politici                    ed economici. Se per un verso lo fa riallacciandosi alla Storia                    e alle tradizioni, dall’altro lo cerca nella comunione di intenti                    e nel confronto con altri professionisti e altre voci, attivando                    dialoghi tra gli artisti, ma anche con i cittadini, secondo                    un atteggiamento di community specific che spinge a cercare                    in luoghi non convenzionali uno spazio dove esprimere la propria                    arte.
 Oltre                    a queste caratteristiche, episodi di arte relazionale e urbana                    come questi determinano anche un nuovo genere di sostenibilità.
 Ci tiene a precisare Valentina Fiore:
 “Realizzare                    un’operazione che dimostri sostenibilità è una caratteristica                    sempre più richiesta e necessaria per i progetti culturali e                    artistici. Questo genere di progetti lo sono anche se in maniera                    non convenzionale, cercando d’innescare delle nuove dinamiche                    di ascolto, di collaborazione, di pensiero nell’intera comunità”.
Una nuova sostenibilità riconosciuta non da un valore economico, ma da nuove capacità di comportamento e interpretazione, volte a migliorare la propria vita e cambiare il proprio punto d’osservazione.



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