di Milena Gabanelli e Andrea Marinelli
A dicembre, mentre l’Autorità per l’energia annunciava gli aumenti più elevati degli ultimi cinque anni, 5,3% per le forniture elettriche e del 5% per il gas, ci appassionava di più discutere attorno a quel centesimo del sacchetto di plastica biodegradabile. C’è una ragione: le bollette sono diventate un bancomat, a comporre la tariffa sono piccole voci di cui non capiamo nulla, e quindi non ci facciamo più caso. Paghiamo e basta. L’Unione Nazionale Consumatori calcola che, con queste nuove tariffe, le famiglie italiane pagheranno 79 euro in più all’anno. Qualcuno bilancerà con i famosi 80 euro in più in busta paga. Ma come si spiega questo aumento?

L’Autorità lo giustifica così: incremento dei prezzi all’ingrosso del gas nei mesi invernali (finora l’inverno è stato piuttosto temperato), costi per adeguatezza e sicurezza, la scarsa produzione di idroelettrico a causa dell’estate calda, e alla dispersione nelle reti del Sud. Quindi non solo non è stata fatta la manutenzione che invece -insieme a trasporto, distribuzione e gestione del contatore- abbiamo pagato in bolletta con un aumento del 50% negli ultimi 7 anni, ma ci ritroviamo caricati del costo della «dispersione». Di quale natura è l’inadempimento? Civile? Penale?
Le vere ragioni dell’aumento
Guardando dentro la delibera, il grosso degli aumenti sono dovuti a ben altre ragioni. Un silenzioso decreto del Ministero dello Sviluppo Economico -approvato il 21 dicembre con parere positivo delle commissioni industria di Camera e Senato- ha deciso di fare lo sconto alle imprese energivore, ovvero quelle a forte consumo energetico, riversando i costi sulle famiglie e le piccole-medie imprese.
A beneficiarne sono grandi gruppi come Marcegaglia, Pirelli, Ilva, Lactalis, Nepi, San Benedetto, Uliveto, Zegna, De Cecco o Rana e altre 2.800 aziende di qualunque settore, dalle acciaierie ai salumifici. Pagheranno complessivamente 1,7 miliardi in meno, e pertanto -secondo il Ministero dello Sviluppo- diventeranno più competitive. Una motivazione legittima se non fosse che a pagare sono i clienti più piccoli, su cui si è spostato il carico degli oneri di sistema, una voce che in bolletta si aggiunge al costo dell’energia, e su quell’aumento del 5,3% lo sconto pesa per l’1,9%.
Diamo incentivi a chi produce elettricità con le «schifezze»
Fra gli oneri di sistema troviamo ancora gli incentivi per gli impianti Cip 6 decisi nell’aprile 1992, ovvero quasi 26 anni fa, alcuni dei quali sono alimentati con rifiuti non biodegradabili: si tratta di elettricità prodotta con «schifezze» -come ad esempio scarti agricoli, vegetali e industriali- ma incentivata in bolletta, che la Commissione europea ha bocciato già nel 2003. E che noi continuiamo a pagare.
Ad incidere sul prezzo sono anche i certificati bianchi, titoli che servono a incentivare interventi di efficienza energetica e che vengono finanziati sempre in bolletta attraverso gli oneri di sistema. Sono entrati nel vortice delle speculazioni e in diciotto mesi le quotazioni sono aumentate del 260%. Mentre l’Autorità sta a guardare, e il Ministero dello Sviluppo prende tempo, a guadagnarci sono le Energy Service Company e le società di distribuzione elettrica. Un «giochino» che costa ai cittadini 7 milioni di euro al giorno.

Il colpo di grazia arriverà a gennaio del 2019, quando entreranno in vigore le nuove tariffe progressive. Se finora chi consumava di più pagava di più…
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