Tutti                    i Paesi asiatici, dalla Cina alla Thailandia al Giappone, avevano                    fatto negli ultimi anni forti investimenti su Londra, scegliendola                    (confermandola) come partner privilegiato per incidere sui non                    facili rapporti con Bruxelles. Ora Londra non avrà più                    alcun potere di mediazione col continente.
 Gli inglesi hanno uno spirito libero, troppo libero per farsi                    dettare le regole di vita da alcuni grigi burocrati di Bruxelles.                    Naturalmente pagheranno questa scelta molto cara. Nelle prossime                    settimane vedremo se vi saranno ripercussioni anche su di noi                    e se si verificherà il cosiddetto “effetto domino”,                    con i possibili Frexit e Nexit, ossia l’uscita di Francia e                    Olanda tra un anno (w.m.).
E’                    Brexit: le Borse crollano a picco e la sterlina è in                    caduta libera
 
Venerdì                    nero per i mercati di tutto il mondo. Tokyo chiude la peggior                    seduta dall’incidente di Fukushima. Lo spread sale oltre quota                    180 punti base, ma per gli analisti potrebbe raggiungere quota                    200
 di                    Giuliano Balestrieri
 24 giugno 2016
(afp)                    MILANO – Notte drammatica e venerdì nero per i mercati                    internazionali con la vittoria di Brexit che porterà la Gran Bretagna fuori dall’Unione europea.                    A Milano solo il titolo Recordati riesce a fare prezzo e perde                    oltre il 9% tuttli gli altri sono bloccati per eccesso di vendite:                    Piazza Affari dunque segna un ribasso teorico di oltre il 14%,                    Francoforte perde il 10%, Londra l’8% come Parigi. In mattinata                    Tokyo ha perso il 7,92% archiviando la peggior seduta dall’incidente                    nucleare di Fukishima. Per evitare danni maggiorni, il Giappone                    ha deciso l’applicazione del ‘circuit breaker’, il dispositivo                    che inibisce le funzioni di immissione e modifica degli ordini,                    limitando i ribassi troppo elevati. Un meccanismo che potrebbe                    essere utilizzato anche da Borsa italiana che sarebbe pronta                    a restringere la forchetta di oscillazione dei titoli, per contenere                    il flusso di vendite.
 A terrorizzare gli addetti ai lavori è anche il percorso                    travagliato che sancirà il divorzio tra Londra e Bruxelles                    perché serviranno almeno due anni di negoziati che alimenteranno                    solo le incertezze. “Brexit può essere la nuova                    Lehman” dice Vincenzo Longo, analista di Ig Markets. Gli                    addetti ai lavori si augurano un divorzio che minimizzi il danno                    economico a tutto quelli che subiranno l’impatto del Brexit.                    “La Gran Bretagna soffrirà ma sono sicuro che si                    focalizzerà ancora di più ora sulla competitività                    della sua economia nei confronti dell’Ue e del mondo in generale”                    dice Tom Enders, l’amministratore delegato del gruppo aeronautico                    europeo Airbus Group.
 A soffrire sono soprattutto le valute con la sterlina che dopo                    un avvio iniziale trionfante sulla scia dei sondaggi (volata                    ai massimi dal 2015, sfiorando gli 1,50 dollari), è crollata                    nella notte man mano che arrivavano i dati del vantaggio del                    “leave” dalla Ue, segnando un calo del 5% sul dollaro                    e arrivando a sfiorare 1,33: un crollo che ha superato quello                    del 1985. Le fluttuazioni della sterlina andranno negli archivi                    come le più forti di sempre. La perdita nel giorno del                    referendum aveva già superato quella del “mercoledì                    nero” del 1992, quando la crisi valutaria spinse la Gran                    Bretagna fuori dal Sistema monetario europeo. Debole anche l’euro                    che segue in negativo l’uscita dall’Ue di Londra. La moneta                    unica scende sotto quota 1,10 (1,0984) e a 111,56 contro lo                    yen, altra moneta rifugio in questi momenti.
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