di Maddalena Rispoli
“All’obbedienza, Don Tano” Squittì Liborio con aria indolente e toccandosi con due dita la coppola di velluto. Uscì nello spiazzo antistante alla masseria, dove il sole di primavera, caldo e dorato, colpiva i fichidindia già asciutti come un osso. Sibilò due fischi secchi nell’aria tersa e subito un rumore di scarponi chiodati mise in luce la figuretta snella ma robusta di un ragazzetto.
“All’obbedienza, Don Liborio” guaì il giovane.
“Totò, lupara e giumenta, lesto!”
“Voscenza, si”.
Pochi minuti e gli animali furono pronti a ricevere in sella due uomini. Giacche di fustagno, camicia bianca per gilet nero, stivali al ginocchio a copertura dei pantaloni, coppola sotto cui si aprivano due occhi neri e mobilissimi.
Una lupara fu indossata a compimento del vestiario. Poi si issarono sugli animali e partirono al galoppo perdendosi tra i mandorli già fioriti.
Raggiunsero le colline appena fuori dal paese e si fermarono ad osservare un contadino che, lemme lemme, trasportava due sacconi di paglia sul suo asinello dalle orecchie dritte.
Allo scambio di sguardi, uomo ed animale sparirono in un viottolo laterale. I due scesero di sella e si sedettero dietro la sporgenza di una roccia mentre un corvo rompeva l’aria tersa con il suo “cra-cra”.
Al tramonto si udì il suono di uno scacciapensieri che, monocorde, si disperdeva nel cielo già ombrato dalle nuvole della sera.
Gli occhi, lentamente, presero la mira e due colpi secchi bucarono il rumore della natura mentre gli uccelli si accapigliavano gridando il loro sdegno per il disturbo subito.
Tenendo le giumente per la cavezza, si avvicinarono all’uomo disteso con le braccia in croce e con il viso rivolto verso la sera. Orinarono sul morto. Calarono la coppola sugli occhi e mormorarono: “All’obbedienza”. Poi si allontanarono mentre la notte ammantava tutto di nero.
Maddalena Rispoli

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