Sai che qui non voglio diventare pietra
sul talamo nuziale del regno del corpo, di
cui conosco appena l’ordine dei sensi. So
d’altre membra io: di boschi luminosi e
spinosi sottoboschi – di frecce e d’archi,
del sangue che lacera la belva e si beve
dentro la terra, nel ventre suo purissimo.
Già gli occhi ho di zolle colmi e dell’urlo
della fuga. Ma se alle punte spuntassero
radici, i fianchi di cerchi si cingessero e in
corteccia latterina mutasse il tempo e
lungo rami d’orbaco il volto s’annodasse
in nocchi e gemme e su foglie cembaline
suonasse il vento, come forte sarei e
ricolma di bellezza così erta e china al cielo.
Amore mi trattiene
                                     o forse un dio?
Si dissolva la mia sembianza, rigoglisca

il corpo e muoia, a me stessa ombra.

Elena Corsino
Scheda biobibliografica

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