L’osservazione dell’andamento nel tempo delle deformazioni, in zone sismicamente attive, potrebbe in un prossimo futuro rappresentare un utile strumento di previsione

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 ARRIVO BUONE NOTIZIE: DAI SATELLITI I PRIMI INDIZI PER PREVEDERE 
 I TERREMOTI

globalist 22 settembre 2017
Circa tre anni prima del terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009 i satelliti hanno rilevato un abbassamento del suolo di un centimetro e mezzo in un’area vicina alla zona dell’epicentro. Il risultato, frutto di una ricerca coordinata dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), che potrebbe essere legato a una fase preparatoria del terremoto. Tuttavia, afferma lo stesso Ingv, “la previsione dei terremoti è un traguardo ancora lontano dall’essere raggiunto”.
La ricerca, coordinata da Marco Moro dell’Ingv è stata condotta in collaborazione con il dipartimento di Ingegneria Civile e meccanica (DICeM) dell’universita’ di Cassino e del Lazio meridionale e il dipartimento di Ingegneria civile, edile-architettura e ambientale (Diceaa) dell’universita’ dell’Aquila. L’analisi si è basata sulle immagini radar rilevate dai satelliti della costellazione Cosmo SkyMed, dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e il canadese Radarsat-2. I dati indicano che la deformazione del suolo in due bacini nell’area dell’epicentro del terremoto del 2009 è stata causata dal progressivo abbassamento del falde acquifere, a sua volta determinato dallo spostamento dei fluidi nelle fratture formate nella roccia.
La formazione di queste fratture è nota da tempo agli studiosi e i satelliti hanno permesso di escludere altre cause dello spostamento del suolo. Si è deciso così di applicare queste conoscenze a forti terremoti già avvenuti e in contesti geologici diversi per constatare se il fenomeno potrà essere osservato e misurato in maniera analoga.
“Solo così – ha detto Moro – l’osservazione dell’andamento nel tempo delle deformazioni, in zone sismicamente attive, potrebbe in un prossimo futuro rappresentare un utile strumento di previsione di eventi sismici con successiva attivazione di interventi per la mitigazione del rischio sismico”.
Tre ‘indizi’ apripista pubblicati in pochi giorni.
Osservare le deformazioni del suolo con l’aiuto dei satelliti e misurare livello e composizione chimica dell’acqua che scorre nel sottosuolo sono due delle vie che la ricerca ha cominciato a percorrere in cerca dei possibili indizi dell’arrivo di un terremoto. Accanto a queste, si cerca di ricostruire la sequenza di eventi innescata dalla rottura di una faglia per mettere a punto un sistema di allerta precoce.

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