Come ogni anno escono gli indicatori demografici dell’Istat, e come anno stiamo a commentare gli stessi trend: meno nascite, gente che scappa dall’Italia, aumento della mortalità…

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 L'INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELLA DEMOGRAFIA AL FEMMINILE

di Giovanna Badalassi
Lunedi, 12/02/2018 – Articolo pubblicato in Ladynomics
Alè. Come ogni anno escono gli indicatori demografici dell’Istat, e come anno stiamo a commentare gli stessi trend: meno nascite, gente che scappa dall’Italia, aumento della mortalità, ecc ecc.
A parte la precisione dei numeri, sappiamo quindi già tutto? Non esattamente. Vediamo un po’ bene cosa succede alle donne (…tanto per non smentirci!).
Il report Istat dice, intanto. che siamo sempre più o meno 60 milioni, ma quest’anno, tra meno nascite, più morti e maggiori emigrazioni, siamo 100.000 in meno.
La buona notizia è che sono nati 464 mila bambini. Quindi ci sono, togliendo i parti gemellari, più o meno 458mila mamme che nel 2017 hanno partorito e accudito bellissimi neonati. Con tutto quello che ciò comporta. Quando hanno partorito il 62,7% circa di queste mamme lavorava, ed entro 2 anni il 22,3% di queste, sempre secondo le statistiche, lascerà o perderà il lavoro. Parliamo, calcolatrice alla mano, di più di 60.000 donne che smetteranno di lavorare. Meglio ricordarlo, eh.

La cattiva notizia è che abbiamo fatto meno figli in assoluto (-2%), circa 9.000 bambini in meno. Sono nove anni consecutivi che nascono sempre meno bambini e abbiamo battuto ancora una volta il record di minori nascite dall’unità d’Italia. Non c’è da rallegrarsene.
Novemila bambini in meno ma il numero di figli medi per donna è rimasto uguale. Come mai? Pare che ci siano molte meno donne che fanno figli, e sempre più tardi. Dice l’Istat:
“Nonostante un livello inferiore di nascite, il numero medio di figli per donna, pari a 1,34, risulta invariato rispetto all’anno precedente. Riduzione del contingente di donne in età feconda (15-50 anni) e progressivo spostamento in avanti del calendario riproduttivo sono tra i motivi per cui la natalità su scala nazionale è precipitata ai livelli sin qui osservati. Sono oggi circa 900mila in meno le donne residenti nella classe di età 15-50 anni rispetto al 2008 (1° gennaio), di cui 200mila in meno solo nell’ultimo anno1. Nel frattempo, l’età media di queste donne è cresciuta da 33,8 anni nel 2008 a 35,2 anni nel 2018. Alla questione strutturale, meno madri potenziali e mediamente più anziane, si accompagna il tema del comportamento riproduttivo vero e proprio. In Italia, come in altri paesi del mondo occidentale, le donne rimandano la scelta di avere figli nella seconda parte della loro potenziale vita riproduttiva. Il che, generalmente, continua a comportare un aumento dei tassi di fecondità nelle età più avanzate, ma anche una riduzione di quelli in età giovanile e, di fatto, una condizione che conduce a ridurre il tempo biologico a disposizione per procreare (Figura 3). L’innalzamento della fecondità alle età più anziane e l’abbassamento tra quelle giovanili modificano, peraltro, l’età media al parto, in continuo aumento in Italia sin dal 1980 (27,5 anni) e pervenuta nel 2017 a 31,8 anni”

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