L’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale ha misurato alti livelli di pesticidi nei pozzi in diverse regioni italiane

L’utilizzo di pesticidi nelle coltivazioni, infatti, avrebbe inquinato i pozzi e le falde acquifere, rendendo di fatto l’acqua che beviamo avvelenata.
Gli esperti dell’Ispra, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, hanno condotto ricerche scientifiche sulla pianura Padana che mettono in allarme il Piemonte, la Lombardia, l’Emilia Romagna e il Veneto.
L’acqua inquinata
Come ripota la Stampa, nei bacini del Po e in Veneto sono stati usate negli anni ’60 ingenti quantità di atrazina, un diserbante poi vietato nel 1992. Non solo. Il nuovo diserbante, la terbutilazina (che ha caratteristiche simili alla atrazina) è ancora oggi molto impiegato dagli agricoltori. Anche questo nel 2010 era stato bandito dall’Efsa (Autorità europea per l’alimentazione e la salute), ma poi è stato reitrodotto l’anno successivo. Secondo l’agenzia Ue per le sostanza chimiche, però, è pericolosa per l’uomo: gli scienziati spiegano che questi pesticidi, assunti dall’uomo, provocano l’alterazione del funzionamento del sistema endocrino.
Se nelle acque superficiali del Po non si rivelano grosse concentrazioni di pesticidi (scorrono via velocemente), nelle falde il discorso cambia. I pesticidi sopra citati sono resistenti in profondità ed entrambi, ancche l’atrazina abbandonata anni fa, sono presenti in alte concentrazioni nelle falde acquifere. Il suo utilizzo poi inquina i pozzi dell’acqua cui poi attingono i cittadini delle regioni del Nord e Nord-Est. L’acqua che beviamo. (Rachele Nenzi)
Leggi anche:
– Ispra: “Pesticidi nel 65% delle acque”
– Gli effetti dell’atrazina sugli animali | Ok Salute e Benessere


Commenti