
Dietro un personaggio, un attore, non ci sono solo film, divertimento o lacrime, ci può stare un’intera filosofia lì a suggerirti “Sorridi, anche se ti si spezza il cuore”.
Può aver fatto parte della tua vita o della mia, per attimo o per sempre.
E i piani, nella memoria, non sono sempre consequenziali; come in un film, ti avvolgono in una specie di vertigine e scivoli in qualche flash back.
Un personaggio può anche andarti stretto, visceralmente antipatico, ma il fatto è che si può detestare un attore, un artista, e finire per amarlo.
A me accadde assistendo alla proiezione di Luci della Ribalta.
A quei tempi non si vedevano tanti film e così, quando accadeva di assistervi, lo si faceva con attenzione, vi si prendeva parte, e non si sa cosa di quella visione sarebbe divenuto parte di te: di certo qualcosa…
Per conto mio, l’unica ragione per vedere quel film stava nell’inimitabile, tenero Buster (Keaton, che vi apparve in una piccolissima parte). E quel giorno non potei fare a meno di odiarlo, lui, Charlie Chaplin, perché attraverso un vecchio film in bianco e nero, senza nessun effetto speciale, era riuscito a commuovermi.
Ero lì, rannicchiata sulla poltroncina pieghevole dell’aula magna della scuola, e volevo sprofondare, mentre, intorno a me, l’auditorium dell’istituto di suore appariva ancora più grande, con quello schermo posto al centro delle gradinate.
Quando fossi stata vecchia, e stanca, avrei ritrovato ancora il senso di quelle lacrime? Giurai a me stessa di rimanere così, di non smettere di ascoltare le sensazioni, di accettarle onestamente.
Ammetto che oggi quel film lo capisco meglio.
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