di Eleonora Bellini
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
a K.
Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le pietraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera e i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio di un bianco cielo quieto.
Codesto è il mio ricordo; non saprei dire, o lontano,
se dal tuo volto si esprime libera un’anima ingenua,
vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
e recano il loro soffrire con sé come un talismano.
Ma questo posso dirti, che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un’ondata di calma,
e che il tuo aspetto s’insinua nella memoria grigia
schietto come la cima di una giovane palma…
(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
Nell’edizione delle poesie di Montale L’opera in versi, a cura di Rosanna Bettarini e Gianfranco Contini (Giulio Einaudi Editore, 1980), nelle note che indicano le varianti della poesia (p. 872) il lettore viene informato del fatto che il K. al quale la lirica è dedicata è “Baris Kniaseff”, indicazione posta su un fascicoletto manoscritto del marzo 1923 per Angelo Barile. Le lettere di Montale all’amico ligure Barile, sono state pubblicate nel 2002 dalle edizioni Archinto in Giorni di libeccio. Lettere ad Angelo Barile (1920-1957). Nell’epistolario vi sono altri riferimenti agli Ossi di seppia, raccolta nella quale la nostra poesia è inserita.
Nella traccia del tema di maturità distribuito questa mattina ai giovani studenti l’esercizio di “comprensione del testo” fa riferimento più e più volte (Errare humanum est, perseverare diabolicum) ad una donna, al suo volto, ai suoi occhi eccetera eccetera, suggerendo, per un “osso di seppia”, doloroso scheletro levigato dalle tempeste della vita, un’interpretazione quasi da dolce stil novo. Poi le agenzie di stampa, a metà pomeriggio, scoprono che la poesia è dedicata ad un uomo. I telegiornali, ovviamente, minimizzano e parlano di “gaffe”. Sappiamo adesso, in serata, da testimonianze di Maria Luisa Spaziani e di Silvio Ramat, apparse sul web, che il Kniaseff, K., potrebbe essere un giovane ballerino russo amico del poeta. La gaffe in effetti ci sarebbe se un qualsiasi quivis de populo, o un gruppo di amici a cena, senza il testo sotto mano, sbagliasse nel ricordare, nell’attribuire. Ma qui si tratta di una prova di maturità, preparata da esperti ministeriali, si suppone non in cinque minuti, e, per di più, di una prova di comprensione del testo! Ci sarebbe da ridere, se non si trattasse di un gravissimo fatto, che denuncia grave mancanza di rispetto, per la scuola, per i giovani studenti, per lo stato, infine.
Che cosa occorreva per capire che la poesia non è indirizzata a una donna? Sapere che gli Ossi di seppia non sono un canzoniere d’amore? Conoscere l’edizione critica di Bettarini e Contini? Sapere della pubblicazione delle lettere con Barile? Avere intervistato Spaziani o Ramat? Nient’affatto. Bastava molto meno: bastava leggerla. Nel v. 5 “o lontano” è un vocativo al maschile; al v. 7 ci sono “vero” e “raminghi”, sempre al maschile.
Un’impietosa diceria che circolava scherzosamente nell’università dei miei tempi insinuava che chi si iscriveva a psicologia era bisognoso di curare se stesso; Silone scrisse una volta che il Ministero di Pubblica Sicurezza (si riferiva all’era fascista) dovrebbe meglio chiamarsi di Pubblico Pericolo; oggi vogliono forse costringerci a pensare che chi si occupa di “comprensione del testo” sia mosso egli stesso da un “matto e disperatissimo” bisogno di comprendere – purtroppo privo di esiti leopardiani, anzi assolutamente insoddisfatto – e che la Pubblica Istruzione debba definirsi in realtà Pubblica Distruzione? Bando agli scherzi: il fatto rimane grave, gravissimo.
La poesia, invece, rimane bellissima, e forse, in un prossimo scritto, avremo il piacere di commentarla.
Eleonora Bellini

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