Pubblicate le motivazioni della sentenza: “Si deve tener conto dell’intero contesto”
Palermo, 2 febbraio 2016 – Aveva toccato due impiegate del suo ufficio: a una aveva dato una lieve pacca sul sedere, all’altra aveva messo il dito sul bottoncino della camicetta, proprio all’altezza del seno, sfiorandole in un’altra circostanza la zona genitale. Ma quei gesti non gli procurarono appagamento sessuale, né limitarono la libertà sessuale delle due donne palpeggiate. Morale: per i giudici non si tratta di molestia sessuale. La sentenza, emessa dal tribunale di Palermo e destinata a sollevare polemiche, coinvolge l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Palermo 1, Domenico Lipari. L’uomo è stato assolto dalle accuse di violenza sessuale perché il suo gesto seppur “inopportuno e prevaricatore”, è segno di “immaturità”, ma non costituisce reato. Il verdetto risale al 23 novembre scorso, ma solo oggi sono state depositate le motivazioni della sentenza.
La seconda sezione del tribunale (collegio presieduto da Bruno Fasciana, giudice estensore Annalisa Tesoriere) ha ritiene che si debba tenere conto del contesto, che sarebbe stato scherzoso, anche se le due vittime, pur essendo state ritenute pienamente attendibili, non la videro affatto così. E’ per questo che la Procura valuta se fare appello, cosi’ come la parte civile.
LA MOTIVAZIONE – Il collegio dà atto che Lipari fece effettivamente quel che gli viene contestato. Ma lo fece per scherzo e senza trarne alcun piacere: le vittime, peraltro, non sarebbero state “danneggiate” né limitate nella loro libera autodeterminazione, perché quegli atti – nonostante le osservazioni delle due donne – erano “privi di connotato sessuale”. Il comportamento del capufficio imputato, cioè, secondo la valutazione del tribunale, “era oggettivamente dettato da un immaturo e inopportuno atteggiamento di scherzo, frammisto ad una larvata forma di prevaricazione e ad una, sia pur scorretta, modalità di impostazione dei rapporti gerarchici all’interno dell’ufficio”. Predomina l’immaturità, dunque, che porta a scherzare troppo e in maniera poco consona al ruolo del dirigente. Ma non per questo c’è il reato, nonostante i lievi toccamenti del sedere, del seno e della “zona vaginale”: “Non si deve cioè fare riferimento alle parti anatomiche aggredite e al grado di intensità fisica del contatto instaurato – prosegue infatti la sentenza -, ma si deve tenere conto dell’intero contesto. Nel comportamento del Lipari non era ravvisabile alcun fine di concupiscenza o di soddisfacimento dell’impulso sessuale”.
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