I giudici del tribunale di Ravenna hanno condannato a tre anni di reclusione il padre e la matrigna della ragazzina, originaria del Bangladesh. Otto anni invece per l’ex marito.

ind - INDEBITATI, 
 NIENTE PRESTITO, VENDONO LA FIGLIA
Ad appena dodici anni è stata data in sposa a un connazionale che ha abusato di lei.

Per pagare i debiti hanno venduto la figlia, di appena dodici anni, ad un uomo sedici anni più grande di lei. Non è accaduto in qualche Paese asiatico o mediorientale ma in Italia, più precisamente a Ravenna.
Per quell’episodio i giudici del tribunale di Ravenna hanno condannato a tre anni di reclusione il padre e la matrigna della ragazzina, originaria del Bangladesh. I due, 46enni, all’epoca commercianti e oggi residente in provincia di Rovigo, sono stati riconosciuti colpevoli di maltrattamenti in famiglia.
All’ex marito, un connazionale di 37 anni che ora abita in una città del nord, il collegio penale ha inoltre inflitto una pena di 8 anni.
È stato infatti anche accusato di abusi sessuali. Secondo quanto ricostruito l’ex coniuge ha abusato della giovane, oggi 22enne, sin dalla prima notte di nozze.
A raccontare l’accaduto è “Il Resto del Carlino”. Il matrimonio, non registrato, era stato celebrato a Ravenna nel 2006. Cinque anni dopo, nel 2011, la ragazza era riuscita a denunciare tutto.
La vittima, fin da piccolissima veniva picchiata dai genitori che volevano seguisse scrupolosamente le regole della religione. Le invece voleva vivere all’occidentale, come tutti i suoi coetanei.
Secondo quanto denunciato dalla giovane alla squadra Mobile, ribadito poi dalla stessa in aula nel maggio 2015 davanti al pm Daniele Barberini, i genitori si erano indebitati per comperare della merce.
Di lì la proposta di pagare quei soldi con la vendita della piccola, che sarebbe stata avanzata dalla matrigna.
Una scelta accettata dal 37enne che in quel periodo abitava a Forlì.
E in effetti le nozze erano state celebrate a Ravenna una decina di anni fa quando, secondo i documenti portati dall’accusa, di anni la giovane ne aveva appena 12. Una cerimonia religiosa mai trascritta, tanto più alla luce dell’età della ragazzina.
Quell’uomo, alcolista e violento, ha abusato di lei fin da subito e aveva continuano anche quando dalla Romagna si erano trasferiti in Veneto. “Io ero piccola, avevo 12 anni – aveva ricordato la giovane davanti ai giudici – e volevo andare via di casa, volevo avere una vita mia. Mi teneva chiusa in casa, mi diceva che i miei genitori mi dovevano dare i soldi, altrimenti mi avrebbe picchiato ancora. Io non uscivo per paura”.
Violenze ma anche umiliazioni psicologiche. “Diceva che ero una poco di buona e poi faceva ciò che voleva” aveva detto ancora la vittima.
Stanca dei maltrattamenti, era riuscita a scappare e tornare con la famiglia a Ravenna, ma lì rischiava nuovamente di finire in sposa a un uomo.
Il secondo matrimonio combinato che lei ha evitato scappando.
Nel 2011 la giovane fu trovata in un casolare abbandonato. Venne affidata quindi ai sevizi sociali. E in quel momento riuscì finalmente a raccontare il tutto.
Un fenomeno quello delle spose bambine che, secondo i dati dell’Unicef, coinvolgerebbe sette milioni di ragazze costrette a convolare a nozze in età minorile, un terzo di queste ultime ha meno di quindici anni.
Un dramma che si consumerebbe anche in Italia, secondo un’indagine riportata lo scoro anno da ‘Il Giornale’, sarebbero circa 2000 le nuove schiave nate e cresciute nel nostro Paese, ma obbligate a sposarsi come negli Stati d’origine. Cedue come mogli dalle loro famiglie che, in cambio, ottengono soldi. Il dato, elaborato dal Centro nazionale di documentazione per l’infanzia, tiene conto anche delle situazioni sommerse, ma è fermo al 2007 perché in Italia non ci sono progetti specifici per contrastare i matrimoni forzati.
Pegni umani che pagano con la vita la scelta delle famiglie. Le conseguenze infatti su di loro sono disastrose: abbandono scolastico, gravidanze premature (alle quali si aggiunge un alto tasso di mortalità, sia per le mamme che per il figlio), violenze, abusi e sfruttamento. (Bf, Il Giornale d’Italia).

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