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 A                    chiarire il concetto è lo stesso Andrew Forrest, fondatore della                    WFF, che in occasione della presentazione di questo quarto Global                    Slavery Index, lo scorso 31 maggio, ha                    ricordato come “La schiavitù moderna concerne situazioni                    di sfruttamento cui la vittima non può sottrarsi a causa di                    minacce, violenza, coercizione o abuso di potere”. Forme di                    schiavitù sono anche lo sfruttamento della prostituzione e i                    matrimoni forzati o servili di minori e non, forme di abusi e ricatti contemporanei che come in passato                    negano alle vittime la loro libertà. Un dramma che pur essendo                    un fenomeno globale non è chiaramente uguale ad ogni latitudine.                    “La schiavitù moderna – ha                    spiegato Forrest – ha diverse forme e una può essere più                    comune di un’altra a seconda della regione che si prende in                    considerazione. Ad esempio, l’Europa rimane fonte e destinazione                    di lavoro forzato e sfruttamento sessuale. L’Asia invece ha                    un’elevata prevalenza di lavoro schiavizzato o forzato nell’edilizia                    e in fabbrica”.
 Come                    ogni report che si rispetti anche il Global Slavery Index comprende                    più di una classifica che vede al primo posto per percentuale                    di schiavi rispetto alla popolazione la Corea del Nord (4,37%),                    che è anche all’ultimo posto nell’impegno del suo governo nel                    tentativo di arginare questa piaga. In termini assoluti però                    è l’India lo stato con il maggior numero di schiavi: sono 18,35                    milioni, seguita dalla Cina (3,39 milioni), dal Pakistan (2,13                    milioni), dal Bangladesh (1,53 milioni) e dall’Uzbekistan (1,23                    milioni). In Europa va meglio? Come dicevamo prima “siamo tutti                    coinvolti” e nonostante il Vecchio Continente registri la minor                    incidenza a livello mondiale di schiavitù e di traffico di esseri                    umani, ci sono paesi che ancora hanno molta strada da fare per                    sconfiggere il demone della schiavitù, tanto che il 65% delle                    vittime di tratta proviene da stati dell’Europa orientale come                    Romania, Slovacchia, Lituania e Bulgaria.
 L’Italia                    con i suoi 129.600 schiavi si aggiudica il terzo posto nella                    classifica europea per numero assoluto di schiavi dopo Turchia                    e Polonia. Rispetto ad altri stati l’impegno del governo italiano                    è giudicato dalla WFF ancora insufficiente nella lotta contro                    lo sfruttamento tanto da collocarlo al 42° posto con un rating                    B (dove il massimo è AAA) nella classifica globale di azione                    delle istituzioni. “Il governo – ha                    aggiunto Fiona David, executive director of Global Research                    di WFF – ha una buona legislazione e per limitare il traffico                    di esseri umani collabora con stati sensibili come la Nigeria.                    Ma ci sono aspetti sul quale può e dovrebbe fare ancora di più.                    Il primo riguarda i servizi di supporto per adulti e minori                    vittime di forme di schiavitù, inoltre dovrebbe aumentare il                    budget stanziato per combattere questa piaga”. Come se non bastasse                    il recente afflusso di rifugiati ha favorito la nascita di reti                    criminali, tanto che “Si stima che almeno 10.000 bambini riconosciuti                    come rifugiati siano ora dispersi, di questi 5.000 in Italia                    e 1.000 in Svezia. Anche se non tutti questi bambini sono stati                    vittima del traffico, l’Europol ha segnalato come siano presi di mira per esser poi vittime                    di sfruttamento sessuale, schiavitù e manodopera forzata in                    agricoltura o nelle fabbriche” ha                    precisato Forrest.
 Ma                    la schiavitù non è malattia incurabile o fisiologica alla quale                    arrendersi. La Gran Bretagna per esempio nel 2015 ha varato                    il Modern                    Slavery Act e ha nominato Kevin Hyland come Commissario                    indipendente anti-schiavitù. Il presidente Barack Obama ha colmato                    una lacuna nella legge degli Stati Uniti vietando l’importazione                    di prodotti realizzati con lavoro forzato o minorile. “Noi – ha                    concluso la David – esortiamo i dieci paesi più grandi del                    mondo, compresa l’Italia, a introdurre una legge come il Modern                    Salvery Act per combatte la schiavitù coinvolgendo il settore                    privato, i leader di governo, dell’impresa e della società                    civile. Attraverso un uso responsabile del potere, della                    forza di convinzione, della determinazione e delle volontà collettiva,                    tutti noi possiamo contribuire a porre fine alla schiavitù nel                    mondo”. A volte, anche in assenza di una legge specifica, basta                    non voltarsi dall’altra parte.



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