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FESTA DEL SANTO

Concertano campane,
litanie di donne
in processione
per ristretti vicoli
nuvole d’incenso.
Si festeggia il Santo
colpi scuri dal colle.

Nel parco
s’intrecciano voci
scapigliati voli
acuto l’odore del tiglio,
nel verde prato
la farfalla bianca.

In piazza
i bimbi han gli occhi lieti
è tornata la “Pupazza”
la “Pupazza” di carta
che d’intorno alla fontana
gioiosa balla, balla
canzoni popolari
suona la banda
con ritmato plauso
la folla stornelli canta.

Sedotto dal canto di una sirena
per averla in sposa
in cruenti duelli
il pesce spada s’avventura.

 

Le favole son menzogne,
non è vero che c’è la fata buona,
il grillo sapiente:
chi nasce Pinocchio
Pinocchio resta
anzi, oggi, fa così moda
che qualche pinocchietto lo trovi sempre.

Dicono che gli uomini
son diventati sordi
non sentono più ragioni
e figurarsi la coscienza!
Così dopo millenni
rieccoci col pelo
e a quattro zampe.

Che fa quel pescatore? Pesca pesca
poi ributta tutto a mare.
vive nell’illusione
cerca una specie rara
forse cerca l’uomo,
s’intende,
quello giusto:
chissà se lo trova.

 

Di un calabrone
la mammola
s’era innamorata
ma lui grandi corolle
dal lungo stelo amava
tutte le sfiorava
solo lei ignorava.
Triste mammola!
al rifiuto d’amore
in una notte stellata
la sua pena sciolse in pianto
e tanto pianse
che al mattino
la trovarono annegata
in mille gocce di rugiada.

Ti senti un genio
ma tra le mura della tua casa
sei come un chiodo
con appeso il nulla.

Nella piccola chiesa della Misericordia
si nota subito quel legno così malconcio
che sembra andare in pezzi ogni momento
e la cassetta per i bisognosi,
sempre così tristi così affamata
ma se le regali qualche spicciolo
commossa scricchiola
e ti regala un bel sorriso.

La vela ormai logora
a dolci brezze più non vibra
e tu non hai il filo per rimendare.
La vita, un vortice d’effimere cose
amaro nettare di falsa ebbrezza
tragica giostra che travolge
e disfa i nostri giorni.

 

La morte furtiva
da sempre ti segue
ti vuole, poi indugia,
alfine decide
e ti prende.

Vestito da super Rambo
ti han mandato laddove rigoglioso
cresce l’odio; ora sei qui,
onore alla tua salma,
al saluto militare si battono i tacchi,

funerali di stato, splendide corone;
corone! Quante ancora.
Intanto di giovani vite
S’affollano i cimiteri.

Tu oscura forma
spettrale ombra del mio essere,
invisibili lacci ci legano
fino alla fine dei nostri giorni,
fedele compagna.
Stasera un acuto desiderio
mi spinge ad accarezzarti,
carezza ad una macchia nera
su bianca parete.

Quel che resta del tuo tempo
gettalo all’onda
in una bottiglia
ermeticamente chiusa
tanto da non udire
l’urlo del creato.

Adriana Centi

Può dal kaos, per definizione, disordine e confusione nascere qualcosa di coerente? Lo saprete dopo la lettura di questo libricino intenso per l’acutezza delle osservazione e per l’intensità delle emozioni. Non ingannino né il formato né il numero delle pagine – ridotto all’essenziale: la verità non ha bisogno di tante parole e c’è molta verità in queste pagine. Adriana osserva impietosa,indaga, scruta con occhio allenato e mostra i mali della società, attraverso le problematiche di figure appena accennate: l’immigrato, la polacca, la signora del terzo piano e, quando non sono persone, sono oggetti (La cassetta dell’elemosina in Chiesa) o animali umanizzati. Sono tutti, in ogni caso, esseri disperati, soli, abbandonati, rappresentati dal Cristo, deriso ed umiliato come loro.
L’ispirazione a fatti di cronaca nera nulla toglie alla capacità d’empatia umana di Adriana. Anzi, la Poetessa nobilita e dà dignità a chi è emarginato. Vengono in mente i versi di Charles Baudelaire dedicati ai vecchi, i ciechi, le vecchiettine, le mendicanti: Penso a quei marinai, obliati in un’isola/Ai prigionieri, ai vinti… a chissà quanti ancora (Il cigno). Con la vena disincantata caratteristica di autori nati a Roma come lei, Trilussa per esempio, la Centi addita tutto ciò che dell’imperfezione ridicolizza l’uomo: la superficialità, l’incapacità di credere in valori veri e duraturi, il cinismo, la crudeltà.
Pessimismo leopardiano? L’abbiamo già detto in altri contesti, non è così. Tornerà il sole, dice Adriana stessa e consegna il suo testamento ad una bottiglia gettata in mare con la speranza che qualcuno la trovi…

Fausta Genziana Le Piane

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