di Eleonora Bellini

Pietro Prini è nato a Belgirate (in provincia di Verbania, nel nord del Piemonte Orientale, non lontano dal confine svizzero sul lago Maggiore) nel 1915. Dopo la maturità classica, si laureò in filosofia presso l’Università di Pavia nel 1941 con una tesi su “Il problema dell’essere e delle categorie nella Teosofia di Antonio Rosmini”, elaborata sotto la guida di Michele Federico Sciacca. L’argomento della tesi suggerisce un legame ideale e affettivo con la terra di nascita: Rosmini visse infatti lunghi anni a Stresa, cittadina confinante con la natia Belgirate, nella villa Bolongaro, oggi Centro Internazionale di Studi Rosminiani, Prini prese parte alla lotta di Liberazione facendo parte del Comitato di Liberazione della scuola dal 1943 al 1945. Nel 1950, grazie a una borsa di studio del Ministero degli Esteri, trascorse a Parigi nove mesi, durante i quali entrò in contatto con Jean Wahl, René Le Senne, Louis Lavelle e, soprattutto, con Gabriel Marcel. Dopo aver conseguito la libera docenza in Filosofia teoretica nel 1951, insegnò presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Genova dal 1953 al 1959, quindi presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Perugia dal 1959 al 1961. Nel 1964 venne chiamato a coprire la cattedra di Storia della Filosofia nella Facoltà di Magistero dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma, della quale è ora professore emerito.
Tra le sue opere è necessario ricordare: “Gabriel Marcel e la metodologia dell’inverificabile”, Studium, Roma, 1950; “Esistenzialismo”, Studium, Roma, 1952; “Verso una nuova ontologia”, Studium, Roma, 1957; “Umanesimo programmatico”, Armando, Roma, 1967; “Introduzione critica alla storia della filosofia”, Armando, Roma, 1967; “Storia dell’esistenzialismo”, Studium, Roma, 1971; “Cristianesimo e ideologia”, Esperienze, Fossano, 1973; “Storia dell’esistenzialismo da Kierkegaard a oggi”, Studium, Roma, 1989; “L’ambiguità dell’essere”, Marietti, Genova, 1989; “Il corpo che siamo. Introduzione all’antropologia etica”, SEI, Torino, 1991; “Il cristiano e il potere”, Studium, Roma, 1993; “La filosofia cattolica italiana del Novecento”, Laterza, Roma-Bari, 1997; “Lo scisma sommerso”, Garzanti, 1998.
Proprio quest’ultimo libro aperse una viva discussione a proposito delle tesi in esso sostenute. Il filosofo, cattolico, vi si interroga sulla possibilità di sopravvivenza della fede cristiana di fronte alla rigidità istituzionale della Chiesa, al clericalismo e al fondamentalismo di ampi settori delle gerarchie vaticane. Prini parte dalla considerazione del fatto che, al di là degli apparenti trionfi, nella Chiesa è in atto uno “scisma sommerso”, cioè un divario notevole tra la dottrina ufficiale e le coscienze dei fedeli. Il confronto fra il cristianesimo originario con il suo messaggio di libertà e di speranza e la “forma” storica assunta dal cattolicesimo ufficiale, vengono esaminate in rapporto alla sensibilità e alle esigenze del pensiero e del mondo contemporaneo. La dottrina del peccato originale e della dannazione eterna, la pena come vendetta e non come occasione di recupero, la “nuova scienza” della bioetica, la concezione della sessualità sono alcuni dei temi che l’autore esamina con grande rigore e chiarezza. Così ha sintetizzato la concezione di Prini in quest’opera Giuseppe Pontiggia: “Nello Scisma sommerso Prini ha il coraggio etico e impavido di rileggere la tradizione cattolica alla luce dell’antropologia culturale, della biologia genetica e della coscienza contemporanea… Non solo in una prospettiva antropologica le origini appaiono remote dalle acquisizioni della scienza, ma l’idea stessa di peccato originale, l’immagine di Satana, la teologia della dannazione eterna, l’intimidazione mediante la paura, i residui mitologizzanti della “vendetta di Dio” appaiono estranei, in larga misura, alla interiorità dei fedeli”. Prini, in sintesi, e semplificando all’estremo la sua riflessione, ricerca nelle moderne scienze umane, specialmente nella biogenetica e nella linguistica, nella psicologia analitica e nella fenomenologia del profondo, i fondamenti per un rinnovamento dell’antropologia. Il filosofo si fa anche portavoce di un platonismo riletto in chiave esistenzialistica, con forti sfumature religiose, ma non dogmatiche. Interessante e importante è, tra l’altro, il suo concetto di laicità, non del tutto “nuovo” forse, ma, nell’oggi delle strumentalizzazioni e degli equivoci, tale da poter ben essere ribadito: “Laicità significa esigenza che tali attività (della conoscenza,della vita civile e politica, ecc…, n. d. r.) si svolgano secondo regole proprie che non siano ad essere imposte dall’esterno”. E’ fondamentale dunque che si sostituisca “la struttura piramidale della conoscenza dominata dalla teologia con la struttura radiale delle libere forme dello spirito”. A proposito della sua propria laicità Prini rivendica: “Io sono laico non a dispetto della mia fede, ma proprio perché sono credente, proprio perché nell’era moderna la laicità, laddove il suo sviluppo è logicamente coerente, può trovare sviluppo come forza liberatrice nell’ambito delle idee cristiane e insieme trovare in esse profonda motivazione”. Un pensiero non facile, insomma, ma profondamente capace di stimolare approfondimenti e anche di suscitare appassionate discussioni.

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